Salvatore Russo featuring Stochelo Rosenberg – La Touche Manouche – una recensione
- Scritto da Jazz Agenda
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Suona Gipsy, un abito gitano per questo disco, puro per i puristi, sfizioso per i profani. Nella foto di copertina un uomo stringe un’arma pericolosa quanto affabile: è una chitarra gitana dalla larga cassa e dal suono concentrato nella sua ampia pancia. Intorno granaglie e sassi, immersi in una luce che non appartiene a nessuna stagione. Salvatore Russo e la terra da cui sembra cercare richiamo e ispirazione ci schiudono l’immaginario. Diamo il benvenuto ad uno dei migliori dischi ascoltati fino ad ora “La Touche Manouche” di Salvatore Russo in collaborazione a Stochelo Rosenberg, chitarrista olandese e colonna dello stile Gipsy sulle orme del buon vecchio e saggio – zingaro Django Reinhardt. Abbiamo avuto il piacere di porgere orecchio ad un lavoro che a parer nostro lascerà il segno. Due chitarristi che ripercorrono le orme del Genio sinti, alternando proprie composizioni in linea con la tradizione gitana.
Esemplare la scelta di Salvatore Russo, chitarrista pugliese dal talento caldo e caloroso, che duetta con Rosenberg ( cultore e gigantesco interprete dello stile Reinhardtiano ) in un gipsy jazz che rincorre un tempo secco ed inflessibile. Pubblicato dalla Saint Louis Jazz Collection, questo meraviglioso sodalizio mette in luce due eccellenti chitarristi in una performance di memorabile esecuzione. Russo con la sua esperienza ventennale ed un tocco rispettosamente spavaldo si affianca ad una colonna del genere come Rosenberg, seguendo una linea melodica che dal padre indiscusso del Mood gitano arriva sino ad oggi e la conduce, “uguale a sé stessa” , incontaminata. Un’ esecuzione complessa, un approccio tecnico inflessibile che lascia poco spazio all’errore, una perfezione stilistica che l’intenzione stessa impone. Insomma, “La Touche Manouche” fiorisce tra due Lead Guitar che non perdonano nessun orecchio profano.
Buona la ritmica data dalla chitarra di Franco Speciale nelle tracce in cui prende voce “Made in Italy”, “Bossa Med’’ e la dolce “Anouman” di Reinhardt. Indispensabile il sostegno del contrabbasso di Marco Bardoscia e della batteria di Alessandro Napolitano in “Minor Swing” e “Made for Isaac”. Semplicemente suggestivo e sublime il tocco del Cajon di Ovidio Venturoso in “Bossa Med”. Ascoltando cogliamo passaggi di tempo e variazioni che vanno dal Gipsy Jazz al Blues alla sanguigna Musica Popolare. E ritrovare tutto questo mondo di voci storiche profuse in un solo disco, è qualcosa che ci fa rendere conto di quanto ci si possa ancora meravigliare con la Musica, che le cose Belle davvero restano quasi sempre le stesse e che, se molto è stato già detto, tutto sta nel “Come” è ancora possibile dirlo; che il linguaggio usato è un’appendice e allo stesso tempo l’orizzonte di comprensione che scegliamo di dare alle nostre emozioni; che il senso, infine, della nostra vita possiamo chiuderlo in un semplice palmo come fa Russo e regalarlo a voi a noi, nel silenzio che ognuno deve fare dentro di sé per coglierlo. Buona Strada a Russo, a Rosenberg e a tutti i musicisti che hanno scelto di percorrere questo viaggio nella Storia e nella Vita.
Veronica Paniccia