Il successo dello Swing: parola a Giorgio Cùscito
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Un successo senza precedenti che vede la partecipazione attiva di musicisti, dj, organizzatori e un pubblico sempre più attento e preparato. Qualche anno fa, probabilmente, nessuno si sarebbe aspettato che lo swing avrebbe vissuto una nuova età dell’oro tornando nuovamente sulla cresta dell’onda. Ma quali sono le ragioni di questa popolarità? Perché questo genere è riuscito ad emergere in maniera così dirompente? Lo abbiamo chiesto a Giorgio Cùscito, ambasciatore dello swing e musicista assai attivo sulla scena nazionale
Giorgio, ormai a Roma ed in Italia ti conosciamo con il nome di Ambasciatore dello Swing: qualche anno fa ti saresti aspettato un successo così grande per questo genere che forse inizialmente apparteneva ad una nicchia più ristretta?
“ Sì, me lo aspettavo e lo volevo. Già all'inizio degli anni 2000 vedevo chiaramente le basi per una "riappacificazione" fra musica e ballo, in Italia. Il movimento era già partito a livello internazionale, e si affacciava in Italia da tre porte diverse e comunicanti: i ballerini più bravi e informati, che avevano frequentato i workshop all'estero, il crescente successo del Summer Jamboree di Senigallia e la capacità di alcuni musicisti di recepire le esigenze di chi balla. Il lavoro coordinato di queste tre realtà, a cui si sono aggiunti successivamente i DJ e gli organizzatori di serate swing, hanno portato alla crescita esponenziale del numero di scuole di ballo swing, con tutto ciò che ne è conseguito: pubblico, attenzione dei media e delle istituzioni, nuovi spazi, scambi e interazioni con le realtà parallele delle altre nazioni. Quando parlo di pubblico, ovviamente, parlo di un pubblico "attivo" e partecipativo. I ballerini fanno musica assieme alle band, fruiscono della musica dandole contemporaneamente un impulso incredibile.
Detto per inciso, con questa domanda mi dai anche l'occasione per sgombrare il campo da un equivoco: lo swing (se è questo che intendi per "questo genere") non era affatto di nicchia. Anzi, era la musica pop per tutti, era la musica delle colonne sonore, degli spot pubblicitari, delle sigle televisive. Lo si sentiva negli ascensori e nei grandi magazzini, e la gente lo ascoltava normalmente. E soprattutto lo ballava. Questo vale per tutto il jazz dagli anni '10 fino agli anni '60. Solo dopo, il jazz è diventato di nicchia, d'ascolto, e progressivamente ha perso tutto l'appeal presso il grande pubblico. Oggi, grazie al movimento swing, il jazz è tornato ad essere fruito e vissuto da tutti come una musica "normale" e non d'élite.”
Quali sono secondo le ragioni alla base del successo del movimento swing a Roma e in Italia?
“A Roma siamo riconosciuti ed apprezzati per avere band di ottimo livello, e molto "dancers-oriented". Qui la scena musicale swing è sempre esistita, ma aveva un pubblico completamente diverso, di appassionati, nostalgici e puristi. Ora il pubblico dello swing e del jazz tradizionale è fatto da gente di tutte le età, di tutte le estrazioni, e di ogni cultura musicale ed oggi, solo a Roma, ci saranno almeno 20 scuole di ballo swing. Possiamo finalmente suonare per un pubblico vivo!
La scena nazionale è ugualmente incredibile: ci sono nutritissime comunità swing dal nord al sud alle isole quasi senza soluzione di continuità! Solo per fare un esempio, negli ultimi anni sono stato invitato a suonare "jazz che si balla" a Savona, a Genova, a Milano, a Como, a Bologna, a Parma, a Brescia, a Bologna, a Senigallia, a Firenze, a Terni, a L'Aquila, a Pescara, a Roma, a Napoli, a Salerno, a Policoro, a Catania. In ognuna di queste città ho trovato sale stracolme di gente entusiasta e felice e soprattutto danzante, e so che ci sono realtà bellissime anche a Torino, a Pistoia, a Rimini, a Perugia, a Palermo, nel Salento, in Sardegna... insomma l'Italia ha sempre più swing! E ha sempre meno da invidiare alla scena internazionale, sia come qualità musicale che come livello dei ballerini!”
E quanto influisce in tutto questo il fatto che sia una musica ballabile?
“Ovviamente moltissimo, anzi è lì il segreto: scoprire che il jazz può anche essere ballato è stata una piacevole sorpresa per tutti, musicisti e pubblico. Oggi - anche questo è solo un esempio - l'appassionato di jazz può coinvolgere finalmente anche la moglie, e trovare in lei un'alleata che senza il ballo non avrebbe mai avuto! E chi del jazz non aveva mai sentito manco una nota oggi si ritrova "esposto" ai grandi capolavori della musica afroamericana grazie al ballo. Magari non sa che sta ascoltando Duke Ellington o Dizzy Gillespie, ma ci balla sopra con grandissima soddisfazione!”
Il fatto che ci sia una comunità di musicisti e ballerini molto forte quanto aiuta questo movimento?
“La comunità swing non è fatta solo di ballerini e musicisti. Bisogna considerare anche i DJ, gli organizzatori di serate, i proprietari dei luoghi deputati, chi cura l'abbigliamento, chi si interessa di acconciature, di barbe, e in generale chi diffonde lo stile e la cultura vintage. La "carrambata" fra jazz e ballo ha molti protagonisti e molti fautori. Diciamo che in linea generale si cerca tutti di creare un ambiente di un certo tipo, e di viverci dentro il meglio possibile. Va detto che tutto questo avviene grazie a internet: ci si coordina su facebook.”
Quali sono le innovazioni che possiamo riscontrare nello swing che viene suonato nei giorni nostri?
“Questa è una domanda molto interessante. I musicisti swing, oggi, sono essenzialmente di due tipi: il primo tipo è il musicista filologo, che cerca di ricreare le sonorità e gli stili musicali esattamente come nei dischi d'epoca; il secondo tipo è invece un musicista che assume e trattiene molte innovazioni del jazz più moderno, perché lo ha studiato e lo conosce bene, ma che cerca anche di recuperare tutta la danzabilità e l'espressività del jazz di prima della guerra. Ovviamente entrambi gli approcci sono interessanti e danno ottimi risultati - anche perché a sua volta anche il mondo del ballo è un po' indeciso se essere filologico oppure aperto a movimenti e suggestioni provenienti da altre culture ed altre danze. Direi però che se si deve parlare di innovazioni musicali, sento che queste vengono da musicisti del secondo tipo.”
Parlando di te invece, cosa ti ha spinto ad amare questo tipo di musica?
“Il lavoro subliminale dei miei genitori, che mi addormentavano da piccolissimo con i dischi di jazz, è stato fondamentale. E poi quando ero sveglio non facevo che continuare ad ascoltare quei dischi. Successivamente, con l'età della ragione, ho cominciato ad andarmeli a cercare in giro per i negozi di Roma, e poi d'Italia, e poi d'Europa e del mondo. Nel frattempo suonavo ciò che potevo capire: ad undici anni col clarinetto cercavo di riprodurre gli assoli di Benny Goodman o di altri grandi clarinettisti, a 13 anni col pianoforte volevo scoprire tutto di Earl Hines o di Count Basie. Per me il jazz era solo quello ante-guerra, perché ascoltavo solo quello e capivo solo quello. Poi studiando ho approfondito davvero di tutto, per fare solo un esempio impazzivo per McCoy Tyner, il pianista di John Coltrane. E poi quando ho avuto modo di parlare proprio con lui, Tyner mi ha steso dicendomi che per lui il più grande era Earl Hines, il grande pianista di Louis Armstrong... e il cerchio si è chiuso. Ho capito che in fondo il jazz è uno solo, che anche quello più "moderno" ha una danzabilità fortissima, e che per converso quello più arcaico era in realtà modernissimo.”
Per quanto riguarda il futuro, secondo te lo swing potrà sempre rimanere sulla cresta dell’onda come in questo momento?
“Altra domanda interessantissima. La prima cosa che mi viene da dire è - ovviamente - spero di sì, credo di sì. Ma poi lascio da parte l'egoismo e i gusti personali e penso che sarà quel che sarà. Magari chissà... qualcosa non più definibile come "sulla cresta dell'onda", ragionevolmente immagino che diventerà qualcosa di stabile e di assodato come il tango - che però ha meno musica dal vivo. Intanto calcoliamo anche l'indotto che questo movimento avrà sui figli di tutti coloro che oggi ballano e ascoltano musiche di un valore artistico ineguagliabile! E speriamo in un futuro migliore anche grazie a questa nostra spinta verso la qualità. Mi farebbe piacere venire a sapere, prima di morire, che avrò contribuito davvero in qualche modo a un mondo più bello.”