Jazz Agenda

SPAZIO JAZZ riparte domenica con il Duo Varela – Allulli

Domenica 11 Novembre alle ore 19:00 primo appuntamento conSPAZIO JAZZ, la rassegna organizzata da Muzak in collaborazione con Jazz Agenda che prenderà vita nello storico locale di Testaccio. Di scena una formazione d’eccezione composta da due personalità eclettiche unite da una grande empatia e soprattutto dalla passione verso una ricerca stilistica sempre nuova. Parliamo del duo Varela – Allulli, composto da Marcello Allulli al sassofono e da Israel Varela alla batteria, che darà vita ad un vero e proprio viaggio sperimentale e meditativo all’insegna di un jazz avanguardistico che travalica i confini del genere e della classificazione. Un linguaggio, quello del duo, che potremmo definire metropolitano e che si muove trasversalmente, partendo dalle radici sudamericane di un’artista eclettico come Israel Varela e passando per Marcello Allulli, musicista versatile e assai propenso ad esplorare territori sconosciuti. Il loro viaggio, dunque, partirà dal Sud America, per muoversi verso le grandi metropoli americane ed europee, fino ad arrivare a Roma, città anch’essa ricca di influenze e di suggestioni. Ospiti del live, Daniele Cappucci al contrabbasso e Neney Santos alle percussioni. In parallelo prenderà il via anche lo mostra a cura del fotografo Stefano “Uccio” Palena.

Marcello Allulli – sax tenore bio:Diplomato al Berklee College of Music, Marcello Allulli si sta sempre più affermando come uno dei sassofonisti jazz di spicco nel panorama italiano. Direttore artistico del club romano Music Inn, storico tempio romano del jazz nazionale ed internazionale che quest’anno ha riaperto la sua attività e che ad ottobre inaugurerà una nuova stagione di concerti, artisti, cultura e divulgazione con partner importanti nel mondo del jazz italiano. La lunga carriera di concerti nazionali e internazionali, vede tra le principali location italiane in cui si è esibito: l’Umbria Jazz Festival, a Roma l’Auditorium Parco della Musica, la stagione concertistica dell’Università La Sapienza,Jazz Image a Villa Celimontana e il Teatro Ambra Jovinelli, dove ha aperto con il suo M.A.T. la performance Racconti di Ascanio Celestini.

Israel Varela – batteria bio:Nato nel 1979 a Tijuana, Messico, Israel Varela è cresciuto in una famiglia piena di musicisti. Dopo aver cominciato ad esibirsi nei locali delle sua città con le migliori jazz band viene scoperto nel 1995 dal grande Alex Acuna da cui prende lezioni per tre anni. In seguito studia presso il Conservatorio di Baja (California), al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano (a partire dal 2001) e al Conservatorio di Santa Cecilia di Roma. A partire dal 2003 si trasferisce a Siviglia dove studia tutte le tecniche, i ritmi e le armonie della musica flamenco con i grandi Diego Amador, Luis Amador, e tutta la famiglia Amador. Il suo esordio discografico avviene nel 2008 con l’album “Tijuana Portrait” che nello stesso hanno lo porta alla vittoria dell’Euro Latin Award. Israel Varela è attualmente membro del Diego Amador Trio (Spagna), Kamal Musallam Trio (Emirati Arabi Uniti), e leader del “Trio Varela” (Italia).

Stefano Palena bio: Giovanissimo fotografo classe 1989, Stefano Palena, meglio conosciuto nell’ambiente come Uccio, ha già all’attivo numerose collaborazioni. Fra le più importanti citiamo quella relativa al 2010 con il celebre locale abruzzese “La Villa” (situata ad Atessa in provincia di Chieti) dove sono stati ospiti Dj del calibro di Catrina Davies e Salvatore Angelucci. La più recente è, però, quella con il “premio internazionale Giuseppe Sciacca”, di cui è stato il fotografo ufficiale nel corso dell’edizione del 2011.

 

 

Muzak Roma

Via di Montetestaccio 38/a

Apertura ore 18:30

Inizio concerto ore 19.00

Free Entry Up to you

Aperitivo + prima consumazione €10

 

Formazione

Varela – Allulli duo

Israel Varela, batteria

Marcello Allulli, sassofono

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Roma Jazz Festival: di scena Triple Vision

Il jazz non si è mai tirato indietro quando si è trattato di mescolare le discipline più diverse nelle maniere più impreviste. Non fa eccezione il progetto Triple Vision(I), presentato in Prima assoluta qui al Roma Jazz Festival giovedì 25 ottobre alla Sala Petrassi dell’Auditorium parco della Musica; un viaggio sentimentale ed onirico all’interno della musica attraverso l’impatto emotivo dell’arte visuale e l’unione tra tre progetti musicali e tre dei video-artisti. Le tre formazioni musicali rappresentano la triplice visione di questo viaggio, affrontato con diversi stili del jazz contemporaneo tra elettronica, lirismo e momenti di pura improvvisazione, marcando tre diverse tappe visive e sonore (della durata di circa 30 minuti ciascuna), cui anello di congiunzione sarà il brano “Banchetto di nozze” che, in un continuum melodico e visivo, scandirà il graduale avvicendarsi dei musicisti sul palco. Ospite del progetto, il trombettista Fabrizio Bosso, che da tempo collabora con gli artisti della performance e che costituirà musicalmente un cardine fondamentale, conferendo la sua impronta ai tre diversi momenti del viaggio. La performance sarà costruita insieme a tre video-artisti Alessandro Rebecchi, Aka Byruzz e Gabriel Zagni, Nadia Cassino, che in diretta aggiungeranno, manipoleranno, alterneranno immagini e video che, unite alla parte musicale, creeranno qualcosa di nuovo, di suggestivo. A completare il cerchio, la direzione artistica di Marcello Allulli, ideatore del progetto e sassofonista nelle tre formazioni.

GIOVEDI’25 OTTOBRE – SALA PETRASSI

Inizio concerto ore 21:00

TRIPLE VISION(I)

Visual Design And Sounds

R.A.J. TRIO

ANTONIO JASEVOLI, CHITARRA, ELETTRONICA

MICHELE RABBIA, BATTERIA, PERCUSSIONI, LAPTOP

MARCELLO ALLULLI, SAX TENORE, ELETTRONICA

 

NOHAYBANDATRIO

FABIO RECCHIA, CHITARRA, BASSO

EMANUELE TOMASI, BATTERIA, PERCUSSIONI

MARCELLO ALLULLI, SAX TENORE

 

M.A.T.

MARCELLO ALLULLI, SAX TENORE

FRANCESCO DIODATI, CHITARRA, ELETTRONICA

ERMANNO BARON, BATTERIA.

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Ischia Jazz Festival: via alla XIII edizione

Torna la grande musica sull’isola di Ischia con la XIII edizione dell’Ischia Jazz Festival, che quest’anno si svolgerà nel periodo delle feste natalizie, dal 23 dicembre al 5 gennaio. Un Evento che già da tempo è diventato un appuntamento irrinunciabile per tutti gli appassionati di musica questo genere di musica. L’Ischia Jazz Festival nasce nel 1999 da un’idea di Piero D’Ambra, allora Amministratore comunale di Ischia con una grande passione per la musica, che decide di scommettere sulla diffusione della cultura jazz sulla sua isola, organizzando una rassegna di tre giorni di Jazz. Tre giorni di concerti nel maggio di tredici anni fa “galeotti” e il successo della manifestazione non tarda ad arrivare grazie alla presenza di artisti del calibro di Enrico Rava, Paolo Fresu e Roberto Gatto. Da questa prima pietra “musicale” un susseguirsi di edizioni sempre più importanti che hanno fatto ottenere al Festival consensi sempre maggiori. Contemporaneamente all’entusiasmo del pubblico, cresceva quello degli organizzatori, spronati dalle conferme che giungevano non solo dalla gente ma anche dagli esperti del settore, dalla stampa e dai critici musicali, a lavorare incessantemente ad ogni nuova edizione per lasciare un segno. Memorabili sono stati i concerti dei grandi maestri del jazz che hanno suonato ad Ischia: l’anno mirabilis che aprì un nuovo millennio, il suggestivo 2000, per l’Ischia Jazz Festival rappresentò una seconda edizione di grande interesse con il trombettista Fabrizio Bosso e il bassista Aldo Vigorito. 

L’edizione del 2001 toccò l’apice con l’esibizione di Maria Pia De Vito accompagnata al piano da John Taylor. Poi nel 2002 l’estate ischitana diventò incandescente con l’esibizione di Don Byron ed Enrico Pieranunzi. Il 2003 fu sotto il segno del jazz italiano con Enrico Rava, Stefano Bollani, Roberto Gatto, Danilo Rea, Franco D’Andrea, Rosario Giuliani, Daniele Scannapieco e guest star Renzo Arbore che ritroveremo anche l’anno successivo, il 2004 insieme a Marco Zurzolo, Francesco Cafiso, Javier Girotto ed Enrico Rava. Crescendo il Festival si esteso anche nella durata: tre giorni non bastavano più a contenere l’indomabile energia di sax, trombe e tamburi così si è giunti a coprire quasi l’arco di una settimana e per alcune edizioni ha coperto anche altre stagioni Winter e Spring. Il 2008 rimarrà nelle cronache jazzistiche per il concerto di Archie Shepp, definito da alcuni giornali “la storia del jazz suona sull’isola di Ischia”.

Nel 2009 altra edizione memorabile con la presenza di Billy Cobham, Joshua Redman, Hamid Drake, Greg Hutchinson, Tania Maria e Cedar Walton. La scorsa edizione – quella del 2010 – ha visto protagonisti Eddie Gomez, Omar Sosa, Gonzalo Rubalcaba ed Enrico Pieranunzi con un fantastico tributo a Bill Evans. Questa la storia, ma le pagine da scrivere per l’Ischia Jazz Festival sono ancora tante e l’edizione del 2011 non mancherà di effetti speciali con celebrità mondiali, grandi serate, densa atmosfera e grande musica. La nave della XIII edizione dell’Ischia Jazz Festival cala anche un’ancora nella città eterna con la partnership del Music Inn. Quest’anno infatti lo storico tempio jazz romano incontra l’evento ischitano, un segno di continuità nel nome della grande musica, che quando è davvero grande getta ponti ben oltre il  mare. Di seguito riportiamo la programmazione del Festival

PROGRAMMAZIONE

23 dicembre

Andromeda Turre & Stacy Dillard Quintet

Fabio Morgera Quartet

26 dicembre

Stefano Di Battista Quartet con Gino Castaldo e Nicola Mingo Quartet  

 

29 dicembre

Giulio Martino Quartet

Marcello Allulli e Enrico Zanisi Duo (concerto proposto dal Music Inn)

5 gennaio

Dado Moroni Trio

Latin Trio

6 gennaio

Urban Fabula

Antonio Faraò Trio

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Le vie del Pane e del Fuoco – intervista ad Ettore Fioravanti

Si chiama Le vie del Pane e del Fuoco l’ultimo lavoro del quartetto di Ettore Fioravanti prodotto dalla nuova etichetta discografica Note Sonanti. Un progetto sperimentale  a cui hanno preso parte musicisti come Marcello Allulli al sax, Marco Bonini alla chitarra, Francesco Ponticelli al contrabbasso e anche Enrico Zanisi al pianoforte. Si tratta di un disco in cui diverse sonorità confluiscono in un unico filo conduttore che è il linguaggio del jazz. E noi che abbiamo già avuto modo di vedere dal vivo questa formazione abbiamo deciso di approfondire l’argomento con Ettore Fioravantiin persona.

Ettore, per cominciare volevamo chiederti di raccontarci la genesi di questo progetto. Come è nata questa collaborazione fra musicisti così diversi per stile e per età?

“Il quartetto nasce dalla ricerca di personalità compatibili e disponibili a creare un ensemble maggiormente elastico e flessibile rispetto alle formazioni che ho gestito in passato. Con Marcello Allulli c’erano già state numerose collaborazioni, lui rappresenta insieme la voce pura e l’iconoclasta; Marco Bonini ha nel repertorio tutte le sfaccettature della chitarra, dal rock all’elettronica all’improvvisazione radicale; infine Francesco Ponticelli possiede uno dei più bei suoni di basso da me sentiti in  questi ultimi anni, e ha il dono della sintesi. Forse loro tre rappresentano quello che non sono io, e mi completano.”

Questo nuovo lavoro, dal titolo “Le vie del pane e del fuoco” ha, secondo noi, una natura decisamente sperimentale: è una scelta che avete fatto per dare vita a qualcosa di innovativo oppure qualcosa che avevate proprio nel vostro DNA?

“Ho sempre suonato musica libera, quasi per terapia: una delle possibilità che mi regala il quartetto è proprio l’imprevedibilità, l’improvvisazione collettiva, il girotondo tenendosi per mano dove tutti danno forza a tutti. Tutto ciò non impedisce di continuare ad amare e rappresentare la vena melodica che penso di avere dentro, come la hanno i miei compagni. Il jazz veramente free vuol dire anche fare una canzone, magari rovesciandola, ma rispettandone gli elementi caratterizzanti.”

Quindi, perché avete deciso di portare avanti un approccio ad un jazz forse più contaminato piuttosto che tradizionale?

“Boh, sai le cose le fai e ti trovi a farle con quelli che hai scelto senza troppa coscienza. Anche la conoscenza spesso fa gabbia intorno ad un’idea perché relaziona quello che fai ad un progetto precostituito. Ma noi siamo carpentieri che tradiscono molto spesso il progetto disegnato, e lo fanno proprio con la voglia di mettersi alla prova: il rischio che sia un disastro c’è, e guai a chi lo tocca ‘sto rischio. Ma il feeling deve viaggiare e guai a chi lo ingabbia.”

E soprattutto quale potrebbe essere secondo te l’anima di questo disco?

“Credo proprio la compattezza del gruppo: ci sono pochi assoli nel vero senso del termine, il più dei casi ci sono depistamenti a turno dalla linea centrale, e mi piace pensare che se uno si sgancia gli altri lo tengono per le bretelle per permettergli di rientrare in riga prima o poi. Inoltre credo che se si faccia il calcolo degli “sganciamenti” ci sarebbe un pari e patta fra tutti e quattro. Comunque la ricerca di questi equilibri ci tengo che sia fatta con la musica più che con le parole, cioè è conseguenza degli assestamenti tellurici del feeling di gruppo piuttosto che di singole piroette intellettuali studiate a tavolino per staccarsi dalla routine del tema-impro-tema.”

E per quanto riguarda questa formazione, così eterogenea dal punto di vista generazionale, ci vuoi parlare dell’approccio che avete in sala di registrazione?

“La differenza di età io la sento più sul piano delle fonti ispirative e formative, che nel caso di loro tre sono senz’altro più variegate delle mie. L’approccio rock per me rappresenta un vestito della domenica: anche se sono cresciuto col rock, nel mio cervelletto vagano più le musiche dei King Crimson e di Lucio Battisti che quelle dei Beatles o Rolling Stones. Nel mio passato vedo di più la canzone (intesa proprio come relazione fra una melodia agganciata al suono delle parole) e la sinfonia (ma de noantri, sia ben chiaro), cioè una storia compositiva con variazioni e ripetizioni. Loro tre vivono i suoni di oggi con maggiore osmosi, e non hanno remore a usare le chitarre “alla Nirvana” accoppiate a Straight no chaser. Lo fanno in automatico e senza sovrastrutture. E questo voglio imparare da loro.”

Quindi, dovendo trarre delle conclusioni da questo disco, cosa ti aspettavi all’inizio e cosa, invece, è venuto fuori una volta che è stato registrato?

“Bella domanda, perché racchiude tutte le altre: diciamo che è venuto diverso dalla mia prefazione, ma non l’ho mica cancellata, ho solo aggiunto un epilogo che la contraddice. E poi forse succederà che quando si registrerà ancora (prevedo entro sei/sette mesi) anche l’epilogo di cui sopra sarà tradito. Ho portato un pezzo jazz ed è diventato un rockabilly, la canzone di Mina è un puzzle smontato e rimontato a rovescio, gli accordi tonali sono diventati atonali e viceversa. Siamo un gruppo di traditori musicali, felici di esserlo.”

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A settembre riapre il Music Inn – intervista a Marcello Allulli

Siamo nel bel mezzo dell’estate e ora come ora tutti i Jazz Club capitolini si stanno prendendo un periodo di riposo per ricominciare con la nuova stagione. E quest’anno, insieme a tutti gli altri locali che riapriranno a settembre, ci sarà anche il Music Inn, lo storico locale romano che ha da poco riaperto i battenti. Per sapere qualcosa di più sul primo periodo di attività di questa nuova realtà, abbiamo fatto qualche domanda a Marcello Allulli che, oltre ad essere una grande sassofonista, è anche il direttore artistico del locale.

Marcello, insieme a Mario Rosario Diodati tu sei il direttore artistico del Music Inn. Ci vuoi raccontare come nasce questa esperienza?

“Il Music Inn prima di tornare ad essere un locale dove si suona musica dal vivo si chiamava “Spazio Morgana”. Sono stati i soci stessi a fare una cordata per riportare il locale in piena funzione. Il Music Inn, infatti, era ancora attivo, ma al suo interno venivano svolti eventi culturali come presentazioni di libri. Ora, invece, è ritornato a proporre musica dal vivo”.

E se dovessimo fare un bilancio di questo primo periodo del Music Inn?

“Quello che posso dirti io è che per me il Music Inn è un locale che sta crescendo sempre di più. Io sto cercando di fare questo lavoro con il massimo rispetto e con grossa umiltà. Conosco la storia del locale e lo ribadisco sempre ai musicisti che vengono. Non ci dobbiamo dimenticare che negli anni ’70 e ‘80 al Music Inn è stata fatta storia del jazz e, quindi, ci tengo a sottolineare che stiamo cercando di dar vita ad un’esperienza nuova con il massimo rispetto per un passato che ha visto in questo locale molti musicisti leggendari. Sicuramente non siamo lo stesso locale di prima, ma in ogni caso, con grossa umiltà, stiamo cercando di dar vita ad una realtà che possa portare un segnale positivo in questi tempi storici di poca cultura e crisi generale. A Roma, infatti, da un po’ di tempo a questa parte stanno scomparendo i locali, mancano i club veri e propri e anche se ci sono piccole realtà sicuramente positive, non c’è più un locale di riferimento come poteva essere La Palma un po’ di tempo fa”.

Diciamo che in questo locale hai questa doppia veste di musicista e direttore artistico: vuoi raccontarci questa esperienza?

“L’esperienza di direttore artistico, che sto svolgendo insieme a Mario Rosario Diodati, è fantastica perché il Music Inn  è un locale storico. C’è una certa responsabilità, ma dal momento che un musicista aspetta per tutta la vita un posto che funzioni davvero, quando ti capita un’occasione del genere non puoi che essere felice. E’ un modo per fare un servizio per gli altri e da musicista sono contento che questa realtà ricada sulla città sia a livello storico che culturale. Sicuramente fino ad ora è stata un’esperienza fantastica e ha tutti i crismi per continuare e per diventare davvero importante”.

Quindi, ci puoi dare qualche anticipazione sui programmi di settembre?

“Il locale riaprirà il 29 di settembre il e abbiamo già in programma per il 7 e 8 ottobre Fabrizio Bosso con il M.A.T trio”.

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