Lasciatevi incantare dal Sign Of Sound
- Pubblicato in Pagina Report
La parola chiave per la serata dello scorso martedì 7 all’Alexander Platz, potrebbe essere “rincorrersi”. Ad accompagnare il progetto di interazione pittorico-musicale Sign Of Sound, sono due insigni personaggi della scena jazz romana: Daniele Pozzovio e Davide Pentassuglia, che abbiamo già avuto modo di conoscere, assieme al produttore, chitarrista, compositore e video maker Alex Marenga. “Madre” di Sign Of Sound è Fabiana Yvonne, a cui abbiamo dedicato una breve intervista.
Come nasce il progetto Sign Of Sound?
Nasce da una serie di incontri che hanno poi dato l’input all’idea. Io parto dalla danza classica e contemporanea, per poi affacciarmi alla pittura. È per quest’ultima che mi trasferisco a New York, dove entro molto a contatto con la scena jazz locale. Seguire molti concerti ed interagire con i musicisti mi ha portata a visualizzare queste dinamiche musicali. Man mano la visualizzazione è diventata più complessa e assieme all’improvvisazione musicale io improvvisavo visivamente, a mia interpretazione ovviamente, i suoni degli strumenti. Il processo si è sviluppato poi in maniera piuttosto incognita, nel momento in cui vi si è unita la danza. La tela per me troppo piccola e il forte rapporto che avevo col movimento e il corpo mi hanno portata sempre ad essere a cavallo tra questi due mondi, che si negavano a vicenda. La musica, in un certo senso, li ha fatti incontrare. Il primo musicista ad accogliere questo progetto è stato Gregoire Maret. È stato invece più difficile portarlo in Italia, nonostante ora abbia preso molto piede.
Ed invece questa formazione come si è creata?
Anch’essa dal risultato di un percorso. L’ultimo membro con cui sono entrata in contatto è Alex Marenga. Anche lui come me “manipolatore”! Mentre con Davide Pentassuglia ci lavoro già da circa un anno. Ci siamo trovati subito bene a lavorare insieme. Lui è un grande improvvisatore, oltre che effettista e rumorista. La cosa molto bella è che spesso sono io a “suonarlo”. Infatti spesso è il paint performer a creare un ritmo con le spatole (uno degli strumenti utilizzati), che il musicista segue.
Come è avvenuta la scelta dei materiali?
Avendo lavorato anche come scenografa, ho avuto modo di sperimentare diversi materiali; potendo studiare anche diverse cose come il taglio delle luci, l’intensità, le superfici… In base alla loro variazione, ovviamente, si hanno diversi effetti. La cosa nuova è che si lavora in sottrazione del colore, e non in addizione!
Oggi sei stata accompagnata da altre ragazze, chi sono?
Sono Carmen Nicoletti, Laura Fantuzzo (paint performer della serata) e Pamela Guerrini. Tre ragazze che hanno partecipato al seminario che ho tenuto alla Casa del Jazz e che stanno facendo formazione presso l’Accademia di belle arti.
Dicevamo quindi “rincorrersi” come parola chiave. Come il rincorrersi delle improvvisazioni, che non si fermano nemmeno per un minuto; il rincorrersi delle note allora, delle mani svelte di Pozzovio sul piano (o direttamente sulle sue corde), e quelle di Laura sul pannello; dei segni “dipinti” che vengono subito trasformati in nuovi. È indubbio l’affiatamento tra i musicisti, che creano netti contrasti tra i due principali strumenti, piano e batteria, che sembrano scontrarsi, lottare, per primeggiare. Di valenza significativa, soprattutto nel trasformarsi del pannello-scenografia, è la componente elettronica, con l’inserimento successivo di una chitarra, che apporta continuità e fluidità ai diversi momenti musicali e ai movimenti della performer. La divisione in due ambienti diversi delle componenti musicale e pittorica, purtroppo non rende a pieno la bellezza e il fascino creati dalla performance nella sua interezza. Sicuramente da vedere e rivedere ancora; perché, si sa, l’improvvisazione non dà mai gli stessi risultati!
Serena Marincolo
foto di Valentino Lulli