Jazz Agenda

Jazz Circus…in diretta dal Locomotive Jazz Festival (Sogliano Cavour, 2011)

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2 agosto 2011. Anche per quest’anno il Locomotive Jazz Festival corre su rotaia. Percorre il Salento, scorre nelle vene della Sud Est e suona, jazz. Ultima fermata, Sogliano Cavour, piazza Diaz. Si parte così. Lo spazio intimo per la commemorazione di Matteo Perrone e la sua testimonianza d’amore immortale per la danza e la musica. L’intervento conciliante di Salvatore Vantaggiato (piano) con le divagazioni soft della chitarra di Giuseppe Pica e la partecipazione di Raffaele Casarano al sax. Sono il Free Steps Group, introducono e accompagnano i passi dei giovani danzatori della Arti Degas di Antonio Orlando. Il tempo delle proiezioni a cura di Chiara Idrusa Scrimieri e il Festival cambia faccia. Uno spazio aperto di promozione. My Favorite Records. Tuk Music, e una rassegna di giovani e meno giovani musicisti, prodotti e in produzione dall’etichetta, presentati al pubblico con una formula accattivante e vincente. Marco Bardoscia firma The Dreamer (My Favorite, 2011). Sul palco c’è lui, Marco, con William Greco (piano), Fabio Accardi (batteria) e Raffaele Casarano (sax). Apertura da Real Book conStella by Starlight. Il contrabbasso di Bardoscia si fa hard quando lascia il pizzico per l’archetto. Umori rock. Vivace e ricco il pianismo di Greco. Sostiene energico Accardi. S’insinua Casarano. Ninna nanna per la piccola Sara è un sussurro, e ogni armonico sfiora il cielo. È un abbraccio, caldo, che accoglie e protegge.

 

Delizioso lo scambio con Greco e il suo protagonismo, discreto e raffinato, sempre misurato e dinamicamente suggestivo. Prezioso. Qualcosa da dire. E Bardoscia ci riesce sempre. È un fiume in piena e detta un groove che sale. Corre e scorre. Casarano non dà tregua. È tutto in discesa, ripidissima. C’è sintonia e una naturalezza d’interplay che ha tutto il sapore d’un tempo unico, vissuto in quattro. Un live d’eccezione che supera il disco. Chica y nano, la dolcezza di una bimba e la sua buffa tenerezza in un esotismo avvolgente. Ogni brano ha dentro un pezzo d’anima e un cuore da sogno. E il sognatore, The Dreamer, è lui, Bardoscia, e il racconto commovente, profondo e avvolgente del suo contrabbasso. Complici fedeli il tocco elegante di Greco, le spigolature audaci di Casarano e le intense vibrazioni di Accardi. Ricco. È la volta di Simona Severini (La Belle Vie, My Favorite 2011) e delle sue suggestioni vocali alla francese. Ritorna Greco al piano. La Severini è leggera e la sua voce uno strumento complesso e imprevedibile che si arrampica, cangiante e polimorfo, in uno spazio aereo indefinito. Una libertà di vocalizzo e un controllo totale d’effetto che urta con l’asciutta esposizione dei testi dei brani cantati. Sempre ferma nell’intonazione, e il suo racconto è un punto fermo. La Severini ci ruota intorno, in un vortice da capogiro. Culla di suggestioni per la La Belle Vie, e un silenzio che suona. Un attimo ed è un grido che canta. Gioco di chiaro-scuri e il contrasto traccia, ora libero nel vocalizzo ora costretto dal testo, un percorso emozionale forte e caratterizzato. Aggancia e vibra, ipnotica e magnetica, esplorando con folle audacia, delirante sicurezza e languidi ritorni di lucidità ogni antro espressivo. Rigorosamente senza eccessi. Greco la sostiene, mirabilmente, assecondandone il pensiero, e swinga, personale e morbido. Nuova produzione introdotta da Patrizio Romano. È il Bebo Ferra Circle Trio. Bebo Ferra (chitarra), Gianluca Di Ienno (hammond), Maxx Furian (batteria). L’album in presentazione è Specs People (Tuk, 2011). Si parte con Scuro, a firma Ferra. Assolo di netto, scandito e baloccoso, di Furian. Afferra alla schiena e molla improvviso la presa. La chitarra di Ferra verticalizza, acida, ed elettrizza l’aria nello scambio energico con i drums. Stende l’hammond di Di Ienno. Tinte forti che infiammano e divorano. My English Brother. Atmosfere psichedeliche anni settanta. Lo spazio tra l’hard rock e il jazz è labilissimo e folgorante. Si cambia. Sul palco Dino Rubino (Zenzi, Tuk 2011) al pianoforte. Con lui Stefano Bagnoli (batteria) e Paolino Dalla Porta (contrabbasso). Rubino è allusivo, contenuto, intenzionalmente denso. Il pianoforte lo trattiene e fascia. Mistico il brano di chiusura. Passo lento, stanco, trascinato. Scalda la passione e il tema proposto dal registro grave del contrabbasso di Dalla Porta percorre e raggiunge in eco quello medio del piano. Bagnoli segna. Resta lì con Dalla Porta, e il quartetto si completa con Ferra e Paolo Fresu. Va in scena il Paolo Fresu Devil 4tet. Dagli stilemi consolatori alle urla acide. Sordinata o no, comunque effettata, la tromba di Fresu si riconosce. Bello l’interplay con Ferra e Dalla porta. Bagnoli spazzola. Convulse, frammentate e appuntite le linee dell’artista visivo Orodè Deoro che accompagnano ogni esplorazione sonora. Si chiude. Doppio finale con tutti gli artisti. Rubino rinasce alla tromba. È il jazz circus. Trascinante. E a sipario un suggestivoSummertime dal groove esplosivo. Benvenuti al Locomotive 2011.

Eliana Augusti

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Marco Bardoscia, The Dreamer – una recensione

Un caos calmo. E Moretti permetterà la citazione. Un caos calmo, dove realtà e sogno si incontrano in un luogo non-luogo che ha tutti i suoni, i colori, gli odori dei bei sentimenti.The Dreamer (My Favorite Records, 2011) è un personale sincero e schietto che racconta, e non potrebbe farlo meglio, Marco Bardoscia. L’ironia, l’arguzia, la dolcezza, la spregiudicatezza, il radicato sentimentalismo e la limpidezza di un genio creativo che non conosce sofisticatezze e allusioni. Marco Bardoscia, il sognatore, The Dreamer, con il suo amore taumaturgico per la vita e il racconto commovente, profondo e avvolgente del suo contrabbasso. Accanto a Marco,Raffaele Casarano (sax), Giorgio Distante (tromba), Gianluca Ria (trombone), AlbertoParmegiani (chitarra), William Greco (pianoforte), Fabio Accardi (batteria), le voci di Carla Casarano e Fernando Bardoscia e la tromba di Luca Aquino

foto di Daniele Esposito

by starlight apre l’album, illudendo le aspettative da Real Book di un lavoro che, invece e per fortuna, si dichiara immediatamente e definitivamente dalla parte di Bardoscia e dei suoi. Lo spirito è chiaro, libero, forte, partecipato. Le voci di Casarano e Ria si compenetrano, accompagnate dal coro libero del fratello di Marco, Fernando, che porta il brano ad una dimensione di naturalezza e spontaneità viva, subito esaltata dall’intertempo in cui si fanno spazio le psichedelie hard dell’arco corrosivo di Bardoscia, quasi una chitarra, e le pulsioni rock dei drums di Accardi. Ninna Nanna per la piccola Sara regala, dolce, un abbraccio di velluto. L’anima lenta della chitarra di Parmegiani culla e adagia un tema semplice, impreziosito dai giochi di luce di Greco e dalle improvvisazioni di Bardoscia che spiega e racconta, intimo, di Sara e del suo piccolo mondo. E il sogno riprende fiato in Rêve au petit sablon. Un gioiello di  poesia dove il protagonismo di Greco dilata, profondo. Hallelujah per il mondo è una celebrazione delirante, una messa moderna, corale a tutti i costi, un’iterazione imprevista che inverte a schiaffo lo spazio calmo e disteso della presentazione. 31-12-2009 data il trio Bardoscia-Greco-Accardi. 

foto di Daniele Coricciati

Lineare e disinvolto, con un drumming secco e funkeggiante che disperde l’alito di sogno e aggancia il reale. Stiloso e accattivante il groove di Bardoscia. Chica y nano riporta, nostalgico, alle tenerezze goffe dell’infanzia. Questa volta è Casarano a ripercorrere al sax soprano il pensiero di Bardoscia che resta, vigile, a guida e ne segue e sorveglia le divagazioni spinte, fino alla sfumatura della coda. E quella di Jet è quasi una ripresa, un risveglio. Esaltante. Bardoscia è il centro gravitazionale di un moto armonico che conosce tentativi di fuga e ritorni obbligati, alla ricerca continua del giusto mood. Dissonanze e lirismo, passaggi roventi e break improvvisi, cambi di tempo e tonalità danno i natali a un variegato entusiasta, logico e coerente che attrae, impressiona, accarezza e trascina. Preludio al sorgere del sole. La tromba di Distante rantola rifratta nello spazio diafano degli armonici e prepara lo spettacolo a levante. Un sole tiepido che sorge e carica. Ritornano le coralità dell’Hallelujah, nell’ostinato di un tema ficcante che arriva allo zenit di una performance febbricitante. Staglia la voce di Aquino e sfuma l’eleganza dinamica di Greco. ChiudeImpro, e l’evanescenza metasensoriale dell’elettronica. Un’esperienza d’ascolto da vivere. Audace e irriverente il coloratissimo booklet a firma Luca Panaro.

Eliana Augusti

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Jazz Circus…in diretta dal Locomotive Jazz Festival (Sogliano Cavour, 2011)

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2 agosto 2011. Anche per quest’anno il Locomotive Jazz Festival corre su rotaia. Percorre il Salento, scorre nelle vene della Sud Est e suona, jazz. Ultima fermata, Sogliano Cavour, piazza Diaz. Si parte così. Lo spazio intimo per la commemorazione di Matteo Perrone e la sua testimonianza d’amore immortale per la danza e la musica. L’intervento conciliante di Salvatore Vantaggiato (piano) con le divagazioni soft della chitarra di Giuseppe Pica e la partecipazione di Raffaele Casarano al sax. Sono il Free Steps Group, introducono e accompagnano i passi dei giovani danzatori della Arti Degas di Antonio Orlando. Il tempo delle proiezioni a cura di Chiara Idrusa Scrimieri e il Festival cambia faccia. Uno spazio aperto di promozione. My Favorite Records. Tuk Music, e una rassegna di giovani e meno giovani musicisti, prodotti e in produzione dall’etichetta, presentati al pubblico con una formula accattivante e vincente. Marco Bardoscia firma The Dreamer (My Favorite, 2011). Sul palco c’è lui, Marco, con William Greco (piano), Fabio Accardi (batteria) e Raffaele Casarano (sax). Apertura da Real Book conStella by Starlight. Il contrabbasso di Bardoscia si fa hard quando lascia il pizzico per l’archetto. Umori rock. Vivace e ricco il pianismo di Greco. Sostiene energico Accardi. S’insinua Casarano. Ninna nanna per la piccola Sara è un sussurro, e ogni armonico sfiora il cielo. È un abbraccio, caldo, che accoglie e protegge.

Delizioso lo scambio con Greco e il suo protagonismo, discreto e raffinato, sempre misurato e dinamicamente suggestivo. Prezioso. Qualcosa da dire. E Bardoscia ci riesce sempre. È un fiume in piena e detta un groove che sale. Corre e scorre. Casarano non dà tregua. È tutto in discesa, ripidissima. C’è sintonia e una naturalezza d’interplay che ha tutto il sapore d’un tempo unico, vissuto in quattro. Un live d’eccezione che supera il disco. Chica y nano, la dolcezza di una bimba e la sua buffa tenerezza in un esotismo avvolgente. Ogni brano ha dentro un pezzo d’anima e un cuore da sogno. E il sognatore, The Dreamer, è lui, Bardoscia, e il racconto commovente, profondo e avvolgente del suo contrabbasso. Complici fedeli il tocco elegante di Greco, le spigolature audaci di Casarano e le intense vibrazioni di Accardi. Ricco. È la volta di Simona Severini (La Belle Vie, My Favorite 2011) e delle sue suggestioni vocali alla francese. Ritorna Greco al piano. La Severini è leggera e la sua voce uno strumento complesso e imprevedibile che si arrampica, cangiante e polimorfo, in uno spazio aereo indefinito. Una libertà di vocalizzo e un controllo totale d’effetto che urta con l’asciutta esposizione dei testi dei brani cantati. Sempre ferma nell’intonazione, e il suo racconto è un punto fermo. La Severini ci ruota intorno, in un vortice da capogiro. Culla di suggestioni per la La Belle Vie, e un silenzio che suona. Un attimo ed è un grido che canta. Gioco di chiaro-scuri e il contrasto traccia, ora libero nel vocalizzo ora costretto dal testo, un percorso emozionale forte e caratterizzato. Aggancia e vibra, ipnotica e magnetica, esplorando con folle audacia, delirante sicurezza e languidi ritorni di lucidità ogni antro espressivo. Rigorosamente senza eccessi. Greco la sostiene, mirabilmente, assecondandone il pensiero, e swinga, personale e morbido. Nuova produzione introdotta da Patrizio Romano. È il Bebo Ferra Circle Trio. Bebo Ferra (chitarra), Gianluca Di Ienno (hammond), Maxx Furian (batteria). L’album in presentazione è Specs People (Tuk, 2011). Si parte con Scuro, a firma Ferra. Assolo di netto, scandito e baloccoso, di Furian. Afferra alla schiena e molla improvviso la presa. La chitarra di Ferra verticalizza, acida, ed elettrizza l’aria nello scambio energico con i drums. Stende l’hammond di Di Ienno. Tinte forti che infiammano e divorano. My English Brother. Atmosfere psichedeliche anni settanta. Lo spazio tra l’hard rock e il jazz è labilissimo e folgorante. Si cambia. Sul palco Dino Rubino (Zenzi, Tuk 2011) al pianoforte. Con lui Stefano Bagnoli (batteria) e Paolino Dalla Porta (contrabbasso). Rubino è allusivo, contenuto, intenzionalmente denso. Il pianoforte lo trattiene e fascia. Mistico il brano di chiusura. Passo lento, stanco, trascinato. Scalda la passione e il tema proposto dal registro grave del contrabbasso di Dalla Porta percorre e raggiunge in eco quello medio del piano. Bagnoli segna. Resta lì con Dalla Porta, e il quartetto si completa con Ferra e Paolo Fresu. Va in scena il Paolo Fresu Devil 4tet. Dagli stilemi consolatori alle urla acide. Sordinata o no, comunque effettata, la tromba di Fresu si riconosce. Bello l’interplay con Ferra e Dalla porta. Bagnoli spazzola. Convulse, frammentate e appuntite le linee dell’artista visivo Orodè Deoro che accompagnano ogni esplorazione sonora. Si chiude. Doppio finale con tutti gli artisti. Rubino rinasce alla tromba. È il jazz circus. Trascinante. E a sipario un suggestivoSummertime dal groove esplosivo. Benvenuti al Locomotive 2011.

Eliana Augusti

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