Jazz Agenda

Live Report: La varietà dei jazz4U al 28divino

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La sera di venerdì al 28Divino Jazz si caratterizza per la forte componente di “varietà”. Vario è il pubblico, varie sono le melodie proposte e varia è la scelta dei brani. Ci troviamo di fronte ai “jazz 4U” diretti dalla batteria di Cesare Botta, il delicato contrabbasso di Enzo Bacchiocchi, armonizzati dal piano di Francesco Bignami e dalla chitarra di Marco Moro. Il gruppo è ormai noto sulle scene romane da alcuni anni e propone una scelta musicale basata su una mistione di standard jazz, condito con blues e swing. Il concerto si apre con atmosfere leggere e riflessive che portano l’ascoltatore a concentrarsi su ogni singolo membro del gruppo, ad essere rapito dal movimento armonico delle dita sulla tastiera, dalla rapidità degli accordi della chitarra, mentre la batteria rimane la base sulla quale il contrabbasso muove la sua sinfonia. 

Durante la serata la varietà delle scelte geografiche è sicuramente molto accattivante e rapisce l’attenzione. I brani spaziano dai classici del panorama americano fino a giungere alle melodie sud americane e brasiliane, il tutto accompagnato da una selezione di brani inediti del gruppo, che mettono in risalto le qualità dei singoli elementi. L’aria che si respira è molto piacevole e non ci si accorge del tempo che passa. In chiusura il gruppo si congeda con il noto brano “ooo aria aio oba oba” e si presta volentieri a parlare con il pubblico, mostrando il lato più familiare della serata. Quello che stupisce di questo quartetto è sicuramente la totale armonia degli elementi; sul palco sembrano divertirsi talmente tanto che lo spettatore rimane coinvolto non solo dai suoni, ma anche dall’affiatamento tra gli elementi. Inoltre il locale si presta benissimo ad un’atmosfera raccolta e familiare: luci soffuse e di colore rosso rendono il tutto molto privato e intimo, nonostante la sala del concerto non sia poi di dimensioni così modeste. Ci auguriamo di sentire nuovamente questo spontaneo quartetto in serate così piacevoli!

Laura Orlandi           

Foto di Valentino Lulli

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“Back in Rome” si riunisce al 28divino


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Back in Rome” non è soltanto il nome di un quartetto, ma un vero e proprio appuntamento tra amici che dopo tanto tempo si ritrovano per suonare insieme. Un ‘occasione resa possibile grazie al rientro a Roma del contrabbassista Fabrizio Cecca, residente a Parigi da tempo, che insieme agli altri membri del quartetto, venerdì scorso, è salito sul palco del 28divino. Di lui possiamo dire che è attivo sulla scena musicale fin dai primi anni ’70 al fianco di musicisti come Nicola Stilo, Francesco De Gregori, Mimmo Locasciulli e Sergio Caputo. Proseguiamo dicendoche a metà degli anni ’90 fa parte della Big Band della scuola popolare di musica di Testaccio e che dal 2005 fonda un proprio gruppo, “Sextet Machine”, che esegue le sue composizioni. Vincenzo Lucarelli, ,pianista del gruppo, studia alla Manhattan School of Music di New York dove ha la possibilità di suonare in numerosi locali con musicisti affermati della scena newyorkese. Tornato a Roma nel 2003, incide il suo primo disco New Cycle Mood e dal 2004 ha la possibilità di farsi conoscere e apprezzare a livello internazionale in diversi festival ed eventi. Massimiliano de Lucia, alla batteria,comincia la sua esperienza nel mondo della musica suonando con gruppi che gravitano nell’ambito della musica pop-rock. Nel 1991 si trasferisce a New York per approfondire il linguaggio della musica latino americana e jazz, diplomandosi presso il Drummer’s Collective. Una volta tornato in Italia, collabora sia in studio che dal vivo con musicisti italiani e americani, svolgendo una intensa attività concertistica su tutto il territorio nazionale. Nel 2003 registra il CD del sassofonista Paolo Cerrone “For a Trip” e adesso suona stabilmente nel trio della pianista Silvia Manco. Come ospite, ormai habitués, troviamo Francesco Lento alla tromba. 

Come dicevamo, ad ospitare questi 4 musicisti, ci ha pensato il 28divino, che con la sua impeccabile accoglienza ha trasformato la serata in un momento di scambio culturale e di piacevole ascolto. E infatti, ciò che ci ha stupito maggiormente della musica di questo quartetto, è stata la commistione di età e di caratteri, quasi a voler rimarcare che la musica, e in questo caso il jazz, non ha “tempo”. Non a caso il repertorio che abbiamo ascoltato, anche se principalmente basato su standard jazz di Charlie ParkerDizzy Gillespie, si lascia influenzare dalla bossanova, dal  blues, dal bebop, mantenendo una costante vena swing. Per non scadere nello scontato e dare movimento ai brani stessi, il quartetto ha proposto delle rivisitazioni di alcune ballad in chiave swing, dove la tromba, che funge da “voce” solista del gruppo, genera un’ impronta del tutto particolare. E sono proprio la tromba ed il pianoforte gli strumenti che innescano un gioco di “botta e risposta” che rende lo scorrere dei brani trascinante, simbolo di un ottimo affiatamento. Non c’è bisogno che gli artisti parlino o che ci spieghino quali territori della musica stiano esplorando mentre si trovano lì sul palco, perché il loro esperimento musicale si spiega benissimo da solo. E a noi non resta che chiederci: a quando la prossima reunion?

Serena Marincolo

foto di Valentino Lulli

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Ettore Fioravanti 4et al 28divino

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Può il linguaggio del Jazz fondersi con la musica pop, con quella d’autore e magari anche con le sonorità psichedeliche? Che ci crediate o no, la risposta è si. E la dimostrazione tangibile di quanto abbiamo appena detto la troviamo nel quartetto di Ettore Fioravanti (Ettore Fioravanti 4et), composto dall’omonimo batterista, da Francesco Allulli al sax, da Marco Bonini alla chitarra e da Francesco Ponticelli al contrabbasso. L’occasione di poter ascoltare questa formazione che ama mescolare queste sonorità ci si è presentata venerdì scorso al 28divino jazz club e, visti anche i precedenti, non ce la siamo lasciata sfuggire.

 

Quindi, torniamo per un momento alla domanda iniziale ed entriamo nel dettaglio. Come fa questo quartetto a far confluire musiche così eterogenee in un unico discorso? Cominciamo col dire che per fare una cosa del genere, ci vuole un gruppo ben consolidato e uno studio quasi maniacale degli interventi strumentali, senza il quale quei silenzi e quelle pause non avrebbero lo stesso effetto. Diciamo, poi, che la voglia di sperimentare ce la devi avere un po’ nel sangue, nel senso che devi essere aperto a confrontarti con stili diversi, e per finire devi essere anche capace di farli confluire in un discorso che abbia un filo logico. E queste caratteristiche il quartetto le possiede proprio tutte quante, insieme ad una buona dose d’ironia che sul palco non guasta proprio per niente.

E veniamo alla serata di venerdì. Il concerto comincia con le note della chitarra di Marco Bonini, un inizio quasi in sordina, con una musica distesa e rilassata, seguito dagli altri componenti che entrano quasi in punta di piedi, senza che ci sia qualcuno che prevalga e creando un’atmosfera adatta all’apertura di un sipario. Proprio come Un’aria di Vetro, titolo di questo primo brano. Poi, quasi a spiazzarti, il basso comincia con un ritmo sincopato che si incastra perfettamente con il tempo della batteria, una musica concitata, molto differente da quella precedente, ma, come vi avevamo accennato in precedenza, è proprio questa la caratteristica del quartetto, quella di non dare punti di riferimento. E quindi, stando a questa filosofia, la musica prosegue, ti prende sempre di più e arriva anche il gioiellino di questo primo set.

Poco prima della pausa, infatti, il gruppo presenta una versione del tutto personale di A walk on the Wild Side, il capolavoro di Lou Red, che ovviamente viene arrangiato in chiave jazz. E questa volta la musica d’insieme, con gli interventi suonati al punto giusto, sostituisce le parole del cantautore americano, fondendosi con la musica pop e allargandosi anche all’improvvisazione. La seconda parte del concerto, invece, è senza dubbio quella più sperimentale, quella in cui vengono toccate le sonorità più particolari che ci fanno capire la vera anima del quartetto. Il brano che ci ha colpito di più, infatti, si chiama Strategia della Tensione. Immaginate una chitarra distorta incastrata perfettamente con il timbro di un sassofono che ci ricorda le sirene della polizia o se preferite un disco volante che sta per atterrare sul pianeta terra. Immaginate tutto questo, che naturalmente viene accompagnato da un ritmo incalzante e deciso, e ottenete la strategia della tensione secondo l’Ettore Fioravanti 4et, una musica che certamente non si allontana dal jazz e che, allo stesso tempo, abbraccia le sonorità più sporche della musica psichedelica. Ed il risultato di questa serata è qualcosa di atipico, di sublime, una sperimentazione che va anche verso il pop e che, grazie all’alchimia dei componenti del quartetto, acquista un’identità ben definita.

Carlo Cammarella

foto di Roberto Panucci

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A New Thing live al 28divino

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E’ sempre interessante scoprire l’incrocio casuale – o non casuale – di percorsi diversi che un bel giorno decidono di mettersi in gioco e di fondere la propria con l’altrui esperienza, in ogni campo, in quello musicale soprattutto. L’unica forma che permette la completa espressione di tutto questo è naturalmente il jazz, e non ci stancheremo mai di ripeterlo.

Ieri sera al 28divino di via Mirandola questo New Thing Quartet, formato da Michele Villari, Raffaele Ferrari, Andrea Maria Bonioli e Guerino Rondolone, ha provato proprio qualcosa del genere. La dicitura ‘New Thing” – letteralmente ‘la cosa nuova’, venne usata per descrivere il lavoro di alcuni avanguardisti del jazz, particolarmente Ornette Coleman e Cecil Taylor, nel momento in cui questi inventavano il cosiddetto free jazz, ovvero abbandonavano le costrizioni della struttura armonica, della struttura ritmica e della tonalità per avventurarsi in strade sconosciute.

Villari, Ferrari, Rondolone e Bonioli sono tutti leader di altri progetti, vengono da scuole diverse, da ritmi, generi, sonorità diverse, e sono tutti compositori. Come ci ha raccontato Villari, altosassofonista e clarinettista del gruppo, ognuno di loro scrive e arrangia, porta in sala il proprio materiale ad uno stadio di lavorazione piuttosto avanzato e poi insieme agli altri ne costruisce lo scheletro che poi verrà arricchito live dai soli dei singoli musicisti. Perché in effetti questi ragazzi sono molto ben costruiti tecnicamente, e il loro lavoro non è né banale né semplice: le composizioni del batterista Bonioli, ad esempio.

Bonioli, tanto per capirci, è uno che ha suonato in mezzo mondo con un certo Morricone Ennio, oppure con Roger Waters, o anche più semplicemente (?) con l’Orchestra Jazz di Santa Cecilia. Ecco, Bonioli scrive dei brani dai titoli insoliti, tipo Ipod, con una bella apertura con pedalone alla ‘Caravan'; oppure ‘Facebook’, dal sapore funk, o ‘Low Cost’, una bella ballad all’italiana, quasi una colonna sonora alla maniera di quel vecchio film di Avati, ‘Jazz Band’, ve lo ricordate?

In ‘Low Cost’ c’è il clarino che Michele Villari muove in modo strano, circolare, come se mescolasse l’aria davanti a sè, come se volesse sporcarne un po’ il suono. Michele è un virtuoso del clarino, ma anche del sax, si capisce dopo tre o quattro note. E’ in grado di suonare senza vibrato, con il sax alto, ed è in grado di tenere una nota per tre quarti d’ora. Non si capisce dove prenda il fiato. Anche Michele scrive, che ne so, brani tipo ‘Fahrenheit 451′, che lui dice essere un omaggio a Truffaut. Truffaut aveva fatto il film traendolo dal famosissimo romanzo di Ray Bradbury. (451 gradi Fahrenheit è la temperatura con la quale la carta prende fuoco in modo spontaneo, e quel libro – e quel film – raccontano di una società fantascientifica in cui i libri sono illegali, e vengono bruciati. Che strano, vero?)

E’ un bel tema, quello di Fahrenheit 451, intendo il brano musicale: una cadenza di terzine discendenti che si incastrano nei quattro quarti in modo da spostarsi ogni volta – è una figura conosciuta proprio come il tre nel quattro – che Villari suona in unisono con il pianista Ferrari, altro magistrale tecnico del proprio strumento.

Raffaele Ferrari è uno di quelli che sembra starsene in fondo, col capo chino sul pianoforte, concentrato, salvo poi esplodere in degli assolo che ti spettinano. Ha scritto questo brano chiamato ‘Le vacanze di Bach’ che ci vuole un orologio digitale in testa, per suonarlo. Cinque quarti, poi 7, poi 14, poi boh, poi torna in quattro, dio solo sa come si ritrovano. E in tutto questo, lui, durante il solo, ci mette pure un bel po’ di citazioni del noto giovanni Sebastiano. (Se è per questo qui Villari ha messo pure ‘My favourite things’).  Anzi, a proposito di citazioni, Ferrari ha scritto un bellissimo arrangiamento di ‘Night in Tunisia’ nella quale Villari, durante il solo, è riuscito a citare non si sa come una sezioncina del tradizionale ‘Saint Thomas’.

Tutto questo viene sottolineato dalla potenza del contrabbasso di Rondolone, un sound solido, sobrio e distaccato, una certezza granitica sulla quale puoi appoggiarti per spiccare dei gran voli, anche nel free jazz. Insomma, musica per palati fini, cosa alla quale Marc del 28divino ci sta incominciando ad abituare, e ai New Thing non possiamo che augurare un radioso futuro nel segno delle cose nuove.

Adelchi Battista

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Man Trio (Spadoni – Galatro – Morello) al 28divino

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Si scrive Man Trio, ma secondo il suo fondatore –  Roberto Spadoni, chitarrista, compositore, arrangiatore e direttore, insegnante e divulgatore –  si legge Man-trah, come una preghiera indiana, come una declinazione musicale sobria e di qualità, come il piccolo gioiello al quale abbiamo assistito la sera di giovedì 27 maggio 2010 al 28divino.

Roberto è uno di quei musicisti eclettici che in silenzio e con pazienza lavorano costantemente per fare in modo di espandere il più possibile il linguaggio del jazz tra le giovani generazioni. Nella breve chiacchierata che facciamo prima del suo set parliamo di questo sistema Italia, delle difficoltà che attraversa, soprattutto nel campo culturalee musicale. Roberto mi spiega che in realtà c’è un movimento amplissimo di giovani ragazzi che non solo sono estremamente capaci e talentuosi, ma che credono fino in fondo alla possibilità di vivere e lavorare nel campo del jazz. La rete li aiuta molto, hanno a disposizione una tale quantità di materiale che gli permette di partire con delle basi molto più ampie di quelle che hanno avuto musicisti anche solo di dieci anni più ‘anziani’. Roberto insegna a Ferrara, a Rieti, a Chieti, e incontra ogni volta giovani di ogni età e classe sociale. Sono molto preparati, mi dice, e tante volte mettono in imbarazzo persino gli insegnanti, contestandoli senza paura, discutendo animatamente, interagendo ben più del ‘dovuto’ o del ‘normale’.

Grazie all’ospitalità di Marc e Natacha, (che il cielo ringrazi sempre chi gestisce un jazz club nel 2010), riusciamo a chiacchierare ancora un po’ davanti a un bicchiere di ottimo rosso anche con Francesco Galatro  ed Enrico Morello, contrabbasso e batteria. Sono loro, anche loro, i giovani di cui mi parlava Roberto. Francesco Galatro ha 26 anni e viene da Salerno, si è caricato il contrabbasso sulle spalle ed è arrivato nella capitale armato di un talento fuori del comune, talento che esprime in una intonazione perfetta, in un groove trascinante soprattutto nelle uscite dei soli e una tendenza alla ripetizione discendente e cromatica delle frasi, che era tanto cara a certi grandi, penso a Scott LaFaro, o al tardo Mingus.  Enrico Morello di anni ne ha 22 e la batteria non la suona, la muove lentamente dentro il brano, saltando gli accenti in un modo che ti fa perdere i battiti del cuore, rientrando e riuscendo dal tempo come fosse quella cabina telefonica dove entrava il dottor Who. Forse nessuno si ricorda il dottor Who, ma chi se ne frega. Era un complimento. Chiacchiero con questi ragazzi e ne scopro oltre al talento anche la voglia di mollare e andare via. Usare Roma solo come un trampolino, e poi fare come hanno già fatto in tanti, andarsene in America, a combattere davvero per la musica. Anche loro mi parlano di giovani. Giovani diciottenni americani che suonano in un modo pazzesco, che hanno voglia di emergere, energia per fare. Io, che ormai la musica la vivo solo di striscio, mi limito a rispondere che uno che ha voglia di suonare suona, suonerà sempre. Annuiscono. Non so fino a che punto mi credono.

Poi scendiamo. Il 28 divino ha questa bella anticamera dove puoi fermarti a bere un bicchiere senza scendere negli inferi della live music. C’è il bar, ci sono i tavoli, c’è il disco di Roberto che suona (a proposito, si chiama Panta Rei, e potete ascoltarne qualche estratto sul suo myspace (http://www.myspace.com/rspadoni ), ma se volete addentrarvi nella liveroom dovete scendere una scala stretta che sembra di entrare in un locale della 52a di New York, rosso fuoco, dominato da ‘numero5′, il robot che abbiamo ammirato in ‘Corto Circuito’, che Marc ha pazientemente e diligentemente ricostruito.

Il Man Trio suona i brani originali di Spadoni. Apre con ‘La sfera blu’, che è un blues dedicato al mitico ‘Sphere’ Monk, il tempo di introdurre il tema e fare un paio di chorus di solo e Roberto spacca il mi cantino della chitarra. In tanti anni di onorata carriera, sussurra ai suoi, non era mai successo al primo brano. Ma non c’è alcun problema. Francesco ed Enrico tengono il brano alla grande per tutto il tempo in cui lui deve cambiarla. Così si riprende con i salti di tempo e gli obbligati di ‘Mingus 5 e 6′, lo swing pesante e cadenzato di ‘Sofdudu’, la cadenza bluesy di ‘Girotondo’. Quello che vediamo (e ascoltiamo) è un gruppo composto, sobrio, intento a suonare parti anche piuttosto difficili, mai banali, a tratti sorprendenti. Il primo set finisce con una versione di ‘All the things you are’ rapidissima, enorme, con il suono della chitarra di Spadoni che non so per quale motivo mi fa venire in mente una specie di incrocio tra Metheny e Barney Kessel. In realtà è Roberto Spadoni, e il suo stile  non fa mai una piega, mai una concessione, è di un rigore clamoroso, mentre  l’ottimo vino di Marc sta facendo effetto su di me e sulla mia macchinetta fotografica.

Sì perché il jazz, quando ci metti vicino il buon vino, fa delle cose che neanche ti immagini. Me ne accorgo durante il secondo set, quando ad un certo momento, tra i bei brani di Roberto, ne parte uno, lento, che si intitola ‘Sulle spiagge”. Ora, dovete immaginarvi un ragazzo che con la batteria sappia farvi riscoprire il rumore del mare, utilizzando le spazzole, i piatti, una specie di collarino di cozze (sono cozze? scheletri di gambero? che diavolo sta usando?) e altri marchingegni fantastici e poveri, e che stia facendo tutto questo mentre legge su uno spartito. Roberto inserisce un tema romantico e struggente, Francesco accarezza i cordoni del contrabbasso e tutto il locale si trasforma. Vedi le coppie che si stringono, i festeggianti che ammutoliscono, e un velo, una patina di qualche cosa di magico che ci si posa addosso a tutti. La cosa più incredibile è che questa specie di magia la stanno leggendo su una partitura, dannazione, la curiosità mi rode: che diavolo c’è scritto su quella parte?

Si chiude con il magnifico blues ‘La pensione degli artisti’, titolo quanto mai appropriato di questi tempi, e alla fine il pubblico chiede insistentemente un bis. Il Man Trio concede una bella versione – molto metheniana per la verità – di ‘On green dolphin street’. Buonanotte a tutti. Saluto, salgo sulla mia bici, me ne vado a casa, me ne vado a dormire, con quel pedalone iniziale del brano di Kaper & Washington che mi martella nella testa. Allo stesso tempo non posso fare a meno di pensare a quel mare, quel rumore del mare, quell’atmosfera del mare che stava dentro ‘Sulle spiagge’, e a Roberto, Francesco, Enrico nel locale di Marc e Natacha. Ma che diavolo c’era scritto su quelle partiture?

Adelchi Battista

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Gli appuntamenti del 28divino

Cominciano domani i concerti del jazz club di via della Mirandola con Base One Live formazione composta da Tony Formichella al sax tenore, Giulia Salsone o Francesco Tosoni alla chitarra, Mauro Gavini al contrabbasso e Mattia de Cretico alla batteria. Nella seconda parte di questa serata Jam session “Tony’s friends aperta a tutti. Proseguiamo venerdì 9 dicembre con Snap Quintet, formazione riproposta da Andrea Zanchi al 28divino. Ai fiati, per la prima volta, si troveranno assieme il sassofonista Carlo Conti ed il trombettista Giambattista Gioia. Carlo Conti porta con sé una bella esperienza musicale vissuta direttamente a Cuba mentre, Giambattista Gioia, ha militato per tanto tempo con il sassofonista Enzo Scoppa. Ma il pianista romano ci ha abituato a simili connubi (nelle sue formazioni lo abbiamo apprezzato con M.Giammarco, M.Raia, S.Satta e tanti altri ancora) e SNAP Quintet è una buona occasione per ascoltare la sua musica, i suoi arrangiamenti che spaziano dal latin al funk sempre con gusto e fantasia. L’ottima ritmica è sostenuta da Steve Cantarano al contrabbasso e Max De Lucia alla batteria. Assolutamente da seguire! Sabato 10 dicembre saliranno sul palcoscenico del 28divino gli Hard Chords Trio, uno dei gruppi più interessanti del nuovo panorama jazzistico della capitale.

Grazie alla creatività ed all’originalità degli arrangiamenti, il trio ha rielaborato alcuni dei più celebri successi della musica rock internazionale, rendendoli propri e mostrando una volta di più come la musica sia un unico grande flusso in perenne movimento. Dai Rolling Stones, ai Nirvana, ai Police e molti altri, gli Hard Chords Trio vi accompagneranno in un viaggio affascinante tra ricordi e innovazione.Gli Hard Chords Trio si presentano con la classica formazione da trio jazz (piano, contrabbasso e batteria), ma propongono un viaggio nella storia del rock, attraverso la rivisitazione in chiave strumentale dei successi dei più grandi gruppi, quali: Led Zeppelin, Police, Deep Purple, Rolling Stones. Nati nel 2009, si esibiscono in locali e festival di Roma e dintorni riscuotendo sempre un ottimo successo di pubblico. E per concludere questo week end, domenica sarà la volta del Francesco Diodati – Matteo Bortone trio.

GIOVEDI1 8 DICEMBRE
Ore 21.30 !! 

1°  lunga parte CONCERTO
BASE ONE LIVE

Tony Formichella, sax tenore
Giulia Salsone o Francesco Tosoni, chitarra
Mauro Gavini, contrabbasso
Mattia Di Cretico, batteria

Ingresso 5,00 euro più tessera associazione

SECONDA PARTE: JAM SESSION “TONY’s FRIENDS” Aperta a tutti

(Ingresso Libero) (l’ultima del 2011)

VENERDI’ 9 DICEMBRE
ore 22.30 
SNAP QUINTET 

Carlo Conti al Sax
Giambattista Gioia alla tromba
Andrea Zanchi al piano
Steve Cantarano al contrabbasso
Max De Lucia alla batteria.
Ingresso 5,00 euro più tessera associazione

SABATO 10 DICEMBRE
ore 22.30
HCT – HARD CHORDS TRIO
Lorenzo Ditta – Pianoforte
Paolo Grillo – Contrabbasso
Davide Pentassuglia – Batteria

Ingresso 5,00 euro più tessera associazione

DOMENICA 11 DICEMBRE  ( la serata dedicata a Amy Winehouse è stata posticipata )

ore 21.30

Francesco DIODATI – Matteo BORTONE

TRIO

28DiVino Jazz, wine and cheese

via Mirandola, 21 – 00182 Roma ( staz.Tuscolana-S.Giovanni-Re di Roma)

Info e prenotazioni: 340 82 49 718 dopo le 17.00 e solo nei giorni di apertura.

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Un week end all’insegna del jazz al 28divino

Il week end si avvicina e anche questa settimana il 28divino ci regala concerti che hanno come protagonista la musica jazz. Si parte questa sera, giovedì 6 ottobre, con il trio composto da Francesco Mazzeo, Ettore Fioravanti, e Davide Grottelli, costituito da musicisti di diversa estrazione che ritrova nella melodia e nell’incastro ritmico, la sua unità di ricerca musicale. Le composizioni acquistano identiche sonorità ed espressività attraverso le improvvisazioni collettive del gruppo, sempre alludenti alle singole melodie. Durante l’esibizione il trio “si smonta” per dare vita a situazioni di “duo” e di “solo” alternando atmosfere sonore sempre diverse ma chiaramente appartenenti tutte al mondo musicale mediterraneo. Venerdì 7 ottobre, invece, Francesco Mazzeo presenterà il suo lavoro “Per fortuna che c’è il T9”, mentre sabato 8 Marco Guidotti presenterà Etruria in Jazz, un progetto originale di musica jazz del sassofonista-clarinettista Marco Guidolotti, un repertorio dedicato alla sua terra di origine e provenienza: l’Etruria. Dopo molteplici studi storici, ricerche musicologiche ed iconografiche, esperienze di vita passata sui luoghi sacri e profani degli etruschi, Marco ha cercato di ricreare, tramite uno stile di composizione del tutto originale, un impasto sonoro che tende a scrutare gli ambiti misteriosi e trascendenti, enigmatici ed introversi degli etruschi, ha cercato di captare le caratteristiche essenziali che hanno fatto grande questo meraviglioso ed incredibile popolo.

Il tutto viene esposto in un linguaggio musicale fresco e attuale. E’ coadiuvato da una ritmica “giovane” ed imponente con Francesco Pierotti al contrabbasso, Valerio Vantaggio alla batteria e Enrico Zanisi al Pianoforte. E’ di prossima uscita un CD denominato: “ETRURIA JAZZ” – ESPERIENZE MUSICOMITOLOGICHE. Con il supporto e la gentile collaborazione di “SOCIETAʼ TARQUINIESE ARTE & STORIA” e “PREMIO MASSIMO URBANI”.

GIOVEDI 6 OTTOBRE
ore 22.00 – un trio divertente , di altissima qualità e100% originale!
MAZZEO – GROTTELLI- FIORAVANTI trio!
Francesco Mazzeo, chitarra & effetti collaterali
Davide Grottelli, sassofoni argentati & elettronica
Ettore Fioravanti, piatti di primissima scelta & tamburi

Ingresso 5,00 euro + tessera associazione.

VENERDI 7 OTTOBRE
ore 22.30
“PER FORTUNA CHE C’è il T9”
Francesco Mazzeo, chitarra
E tanti AMICI che l’accompagneranno.
Ingresso 5,00 euro + tessera associazione.

SABATO 8 OTTOBBRE
ore 22.30
MARCO GUIDOLOTTI presenta “ETRURIA JAZZ”
Presentazione ufficiale del nuovo CD
Marco Guidolotti, sassofoni
Enrico Zanisi, piano
Valerio Vantaggio, batteria
Francesco Pierotti, contrabbasso

“ETRURIA JAZZ” è Ingresso 5,00 euro + tessera associazione.

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Susanna Stivali “Golsoniana” con Ettore Carucci in concerto al 28divino Jazz Club

  • Pubblicato in Pagina News

Venerdì 20 marzo appuntamento al 28divino jazz club con il nuovo progetto di Susanna Stivali, una delle voci più note del jazz italiano, un omaggio alla musica ed al genio di Benny Golson, uno dei più grandi compositori di jazz ancora viventi. “Benny non scrive canzoni, scrive standard” è stato detto di lui. Golsoniana vuole essere un viaggio nel mondo compositivo di questo grande musicista attraverso una rilettura personale del duo. Gli arrangiamenti originali,lo scambio, lo spazio dedicato all’improvvisazione, rende la formula del duo piano e voce un modo per spaziare nella ricerca di diverse sonorità all’interno di un ottica di rilettura della scrittura di Golson, una scrittura colta e accattivante al tempo stesso. Susanna Stivali è accompagnata da Ettore Carucci,un grande pianista pugliese,già conosciuto ed apprezzato nella scena nazionale, approdato da poco nella scena del jazz romano che tra le varie collaborazioni vanta quella con Benny Golson stesso. Golsoniana: la voce di Golson attraverso un piano ed una voce

Ingresso: Live music + tavolo + Drink incluso: 15,00  Girls/Donne : 13,00

Sopra Wine, Cocktail & food Bar : Ingresso Libero per un drink, stuzzico e chiacchiere ad alata voce. Aperti dalle 19.30

28DiVino Jazz  – via Mirandola, 21 – 00182 Roma

Info: 340 82 49 718  nei giorni di apertura dopo le 17.00

email: 28divino@libero.it

Metro “ponte lungo”  – o – Stazione Tuscolana (a due passi da Piazza Ragusa e 200 dal pigneto)

BUS: num: 16 – 85 – 412 – 665

SUSANNA STIVALI “GOLSONIANA” con Ettore Carucci

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Programmi per il weekend?

Ormai siamo nel pieno della stagione, e l’appassionato di Jazz capitolino ogni weekend (non che la prima parte della settimana sia avara di proposte…) si trova di fronte a delle difficili scelte. Cosa propongono i nostri club preferiti questo fine settimana? Se avete voglia di una serata dal sapore classico, questa sera al28divino avrete l’occasione di gustarvi il progetto Women Next Door, con la voce diElisabetta Antonini che – coadiuvata da una band tutta al femminile (Gaia Possenti al pianoforte, Federica Michisanti al contrabbasso e Carmen Falato al sax – vi riporterà perun po’ nei gloriosi anni ’50, quando Anita O’Day, Billie Holiday, Ella Fitzgerald incidevano con le orchestre più prestigiose dischi e brani che sarebbero diventati leggendari. Il sabato torna sul palco di via Mirandola il Man Trio, del quale vi avevamo già tessuto le lodi qualche tempo fa. All’Alexanderplatz doppio appuntamento, il venerdì e il sabato, con il Rosario Giuliani Hammond Trio, mentre la domenica sarà la volta di un’altra voce femminile alle prese con i cari vecchi standard a stelle e strisce, la voce di Alice Ricciardi. Del tributo a Bill Evans curato dal maestro Enrico Pieranunzi alla Casa del Jazz vi abbiamo già parlato (sabato, invece, c’è l’armonica di Max de Aloe), come ci sembra piuttosto scontato invitarvi a dare un’occhiata al programma del Roma Jazz Festival dell’Auditorium, appena partito. Il Gregory’s, da parte sua, ci propone il consueto appuntamento del venerdì con il “re dello swing” Emanuele Urso. Se invece avete voglia di bebop, lo stesso giorno si esibirà sul palco del Charity il Chiara Viola 4tet. Il locale di Monti conclude la settimana con la consueta serata blues del sabato e l’altrettanto classico aperitivo jazz domenicale, questa volta a cura di Chiara Izzi. Se invece il vostro sabato notte prevede un giro a San Lorenzo, non possiamo che consigliarvi una sosta al Beba do Samba, per assistere allo show dell’Alter Clan. Per una serata romantica, infine, il Tramjazz può essere un’ottima opzione. Che dite? Avete l’imbarazzo della scelta? Allora è meglio che non consultiate la nostra Jazz Agenda, qua vi abbiamo segnalato solo gli eventi principali, quelli in programma sono almeno il doppio! A Jazz weekend to you all.

Ciccio Russo

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