Live Report: i Latin Mood di Bosso e Girotto per l’anteprima dell’ultimo disco “Vamos”
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ROMA – La 35° edizione del Roma Jazz Festival chiude la sua seconda settimana di concerti nella sala Goffredo Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica sabato 26 novembre. A pochi minuti dall’inizio del concerto posti liberi non ce ne sono, ad aspettare il sestetto sul palco troviamo gli strumenti già schierati, immobili ancora per poco, in una formazione che vede le percussioni e la batteria sullo sfondo, una linea mediana occupata dal basso elettrico affiancato dal pianoforte a coda e sul proscenio, vicinissimi al pubblico, il sax soprano e baritono per Javier Edgardo Girotto, la tromba e il flicorno per Fabrizio Bosso. Sarà perché in Italia il gioco del calcio è l’argomento di molte discussioni, sarà che in platea c’è il campione del mondo del 1982 Marco Tardelli, ma il fatto certo è che il primo brano riporta alla mente l’appuntamento domenicale davanti alla radio durante la sigla di “Tutto il calcio minuto per minuto”. Il concerto si apre così, con il brano rivisitato già nel 1965 da Herb Alpert, The taste of honey. Il secondo brano è Theorema, di Girotto, che mette in evidenza il pianista, il ritmo è più compassato, il flicorno più dolce, l’atmosfera può far pensare a un signore che canticchia fra sé una canzone di cui non sa le parole.
L’assolo di Bosso si fa più deciso e quelle parole indistinte adesso sono scandite con chiarezza. Applausi del pubblico e lo spartito passa a Girotto che posa il sax soprano per dedicarsi un po’ a quello baritono.Africa Es, di Mangalavite, impone un gran lavoro per il batterista Lorenzo Tucci, è vero che tocca lo strumento solo con le bacchette ma a guardarlo sembra che suoni anche con i gomiti e le spalle. Il busto sale, il collo sparisce, una compulsione che stimola le percussioni. Al pianoforte la testa di Natalio Mangalavite fa così tante volte su e giù che è un miracolo che non si sviti. Il brano finisce con le percussioni di Bruno Marcozzi che insieme al batterista porta il suono a un ritmo incalzante. ConMaragliao di Girotto è il momento di Luca Bulgarelli, al basso elettrico in posa statuaria. I due leader del gruppo restano accucciati per tutta la durata dell’assolo come a voler convogliare l’attenzione alle loro spalle. Girotto si rialza, percorre da solo qualche riga di spartito ed è raggiunto da Bosso, questa volta con il flicorno. Quando il pezzo si chiude gli applausi della platea partono dal maestro Nicola Piovani, seduto proprio accanto a noi. Adesso solo voce e tastiera, gli altri musicisti lasciano il palco. C’è solo Mangalavite che intona Algo Contigo di Chico Novarro, l’atmosfera è misteriosa, all’inizio le parole sono in una lingua sconosciuta poi i riflettori si fanno meno soffusi, il resto dei Latin Mood rientra in scena, le parole ora sono in lingua spagnola, non sappiamo cosa abbia cantato fino a questo momento ma è piaciuto a tutta la sala.
Virtuosismi di Bosso quando esegue El Mastropiero di Girotto, si piega a metà, il busto gli oscilla al punto che la tromba gli arriva alle ginocchia, le dita impazziscono, infilano una serie di accordi che lasciano la Petrassi imbambolata prima di sfruttare quel tacito vuoto che incoraggia l’applauso, ma è già il momento del basso, poi di Girotto, di Bosso e Girotto e di tutti e sei. Mathias di Bosso è un pezzo notevolmente più morbido, quasi fiabesco negli inserti delle campane tubolari, Girotot ha ripreso il sax tenore, Bosso il flicorno. In tutta sincerità questo è proprio un brano romantico, da cena a lume di candele, se vi capita un incontro del genere assicuratevi che le orecchie siano servite da Mathias.
In a sentimental Mood di Duke Ellington, brano del 1935 eseguito nel corso del secolo scorso anche da John Coltrane, Ella Fitzgerald e Billy Joel solo per citarne alcuni, segna il ritorno della tromba, un andamento del pianoforte più secco, il sax tenore alterna tonalità in salita e in discesa, sembra che stia ingaggiando con la tromba una gara a chi arriva più lontano. Javier e Fabrizio si capiscono con gli sguardi e quando lasciano il posto al resto del gruppo consultano la scaletta, qualcosa nelle loro menti è cambiato. Alla fine del pezzo la decisione è diramata al resto dei leggii, assistiamo a un su e giù di spartiti e via al brano successivo. Matias, di Girotto questa volta, ha un ritmo allegro, basso e flicorno duettano sottovoce giusto il tempo per quest’ultimo di prendere la rincorsa e soffiare più forte. Entrano in scena il pianoforte, le percussioni e la batteria, Javier se li guarda, si diverte e si contorce intorno al sax baritono con la sua Vamos, brano che dà il nome all’ultimo lavoro dei Latin Mood, sul mercato a partire da marzo 2012. Javier batte il tempo con la gamba, butta una spalla avanti negli acuti, molleggia sulle ginocchia e questo solo per raccontarvi del corpo, sapeste che suono. Bosso intanto spreme la tromba fino all’ultima nota.
Il sestetto lascia la scena, ma l’applauso ininterrotto lo richiama per regalarci un bis che prevede The shadow of your smile, che ha conosciuto interpreti come Barbara Streisand, Sarah vaughan e Frank Sinatra, e African Friends (Bosso). Il 28 novembre del 2008 usciva “Sol”, brano d’esordio della formazione dei Latin Mood, sabato sera, quasi a celebrare l’anniversario di quell’esordio c’è stata l’anteprima non ufficiale del loro ultimo lavoro, Vamos, che sarà presentato al “The Place” di Roma, il 13 marzo 2012.
Andrea Palumbo