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Alberto Forino e il disco d’esordio Tiny Toys: “Spazio alla libertà e all’improvvisazione”

Pubblicato dall’etichetta GleAM Records i Tiny Toys è il primo album da leader del pianista e compositore italiano Alberto Forino che vede la partecipazione Giulio Corini al contrabbasso e Filippo Sala alla batteria. Una formazione all’apparenza convenzionale che tuttavia con inventiva, spirito di ricerca e libertà espressiva cerca nuove forme di interazione nel piano trio dando largo spazio all’improvvisazione. Ecco il racconto del leader di questo progetto.

Per cominciare l'intervista parliamo subito del disco: ti va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

Tiny Toys è una raccolta di nove brani scritti nel corso di diversi anni con l’intenzione di sperimentare e giocare con alcuni aspetti dell’improvvisazione. Nella composizione del materiale il principio guida è stato quello di provare ad individuare qualcosa che potesse orientare l’improvvisazione libera senza imbrigliarla in un rigido schema precostituito ma che ne potesse comunque organizzare lo sviluppo e la sonorità. Dopo i primi bozzetti scritti intorno al 2012-2013 si consolidò l’idea dell’uso dell’improvvisazione da diverse angolazioni (modale, melodica, armonica, su insiemi di note...) in un contesto compositivo alternativo alla griglia di accordi che desse una sonorità coerente e ripetibile.

In aggiunta, c’era la volontà che ogni brano avesse un’identità definita e riconoscibile pur lasciando ampi spazi all’invenzione estemporanea dei musicisti coinvolti e alle possibili evoluzioni esecuzione dopo esecuzione.

Raccontateci adesso la tua storia: come è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?

L’idea del trio nasce dopo qualche prova dei primi abbozzi dei brani in varie formazioni: diversi duo, quartetto, quintetto. La formula del trio è risultata essere la più flessibile e pratica sia per motivi logistici ma soprattutto per ridurre al minimo le indicazioni e le parti preparate e lasciare così più spazio e libertà all’improvvisazione. Con Giulio Corini ci conosciamo da tempo. Era capitato di suonare in alcune occasioni meno strutturate, mentre con Filippo Sala non avevo mai suonato, anche se lo conoscevo come musicista per i suoi gruppi e le sue numerose collaborazioni.

Quando ho chiamato Giulio e Filippo ho proposto loro semplicemente di costituire un trio per dei brani che “avevo scritto”. Al momento non accennai nulla al tipo di sperimentazione e ricerca che immaginavo per il progetto. Dapprima abbiamo fatto una prova in duo, con pianoforte e contrabbasso, per verificare la fattibilità di alcuni incastri melodici e armonici. Subito dopo, già durante la prima prova in trio, abbiamo sentito che c’era un bell’equilibrio e una grande energia: non restava che lasciarla risuonare.

Un disco per una band o per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per te cosa rappresenta?

Forse un po’ tutte queste cose insieme: non avendo avuto troppe occasioni in precedenza per fissare la musica che facciamo è stato sicuramente un punto di arrivo importante. Al tempo stesso essendo un progetto in divenire è la fotografia di un istante, di come suonava la nostra musica nelle stanze del Monolith Studio in quei due giorni nel dicembre 2021. La gioia che ci ha dato e che ci dà ci spinge inevitabilmente anche a guardare avanti facendo così del disco un punto di partenza per nuovi orizzonti.

Se parliamo dei tuoi riferimenti musicali cosa ti viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per voi sono stati davvero importanti?

Dal punto di vista soprattutto compositivo ci sono molte figure alle quali sento di dover essere grato per la loro musica e per le loro idee che hanno poi ispirato in un modo o nell’altro la scrittura di questo lavoro. In ambito jazzistico tra i compositori storici sicuramente Thelonious Monk, Charles Mingus, Ornette Coleman, Lennie Tristano, Wayne Shorter, Miles Davis e Cecil Taylor. Tra i contemporanei Franco D’Andrea, Stefano Battaglia (con i quali ho avuto l’onore di studiare) e Tim Berne.
Una forte influenza inoltre arriva anche da alcuni autori del mondo della musica classica come Satie, Debussy, Webern e Ligeti. A questi nomi vorrei però aggiungere i concerti e i dischi di tantissimi colleghi e amici che ho la fortuna di frequentare e che sono di inesauribile esempio e stimolo.

Come vedi il vostro progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla vostra musica?

Nell’immediato vogliamo vedere come i brani evolveranno, muteranno e prenderanno una direzione o l’altra nel corso dei live con la maturazione del nostro suono e dell’interplay collettivo. Oltre a questo nel cassetto sono rimasti, e sono arrivati nel frattempo, altri bozzetti e altre idee per nuove composizioni con le quali vorremmo presto confrontarci.

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: hai qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

Questo inverno ci saranno alcune date di presentazione del disco,  durante le quali proporremo il repertorio con qualche nuovo inserimento. Dopodiché comincia ad aleggiare l’idea di una nuova registrazione anche con l’ipotesi di un allargamento dell’organico o la presenza di un eventuale ospite. Un passo dopo l’altro vedremo dove ci porteranno questi giocattolini.

 

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