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Fabio Zeppetella e la didattica al Fara Music: "scambiare punti di vista e idee musicali"

Anche quest'anno una parte preponderante del Fara Music Festival sarà costituita dalla didattica e dai seminari che prenderanno piede all'interno della manifestazione. Saranno tanti i docenti che si alterneranno nelle classi e che saranno a contatto con gli allievi per trasmettere il loro sapere e le loro conoscenze. Tra questi ci sarà Fabio Zeppetella che ha raccontato a Jazz Agenda come organizzerà le sue lezioni in questa estate musicale sabina che ormai è alle porte.

Fabio, per cominciare, la didattica inserita nel Fara Music Festival credi che contribuisca a renderlo unico?

La didattica è certamente importante. Il Fara Music è molto ben organizzato da questo punto di vista, il punto di forza di questi incontri è il potersi scambiare punti di vista e idee musicali con tante persone. Ci sono ragazzi che si trovano nella stessa condizione, quella di intraprendere un percorso; un percorso lungo ma molto bello. Il tutto accompagnato dall'aspetto umano: amicizie che si creano o rapporti di collaborazione con altre persone che magari vivono a centinaia di km di distanza.

Come hai organizzato le tue giornate di workshop al Fara Music Festival? E Quale sarà il diverso approccio ai tre livelli di preparazione degli studenti?

Cercherò di lavorare su della musica che fa parte della tradizione del jazz o del suo aspetto più moderno, a seconda dei vari livelli ovviamente. Nel livello più alto conto di lavorare anche su brani originali dei ragazzi stessi.

Sai che ci sono sia le sessioni di insegnamento, dove i studenti dovranno seguirti, sia il momento in cui interagiranno tra di loro suonando. Cosa hai pensato di fargli fare nei momenti di gruppo, in che modo li dirigerai?

Il mio lavoro di direzione consisterà soprattutto nella coesione del lavoro di insieme, non soltanto leggendo il brano da suonare ma anche interagendo tra loro affinando quello che viene chiamato "interplay" ovvero una mutua interazione, un’influenza reciproca.

Cosa rende un musicista come te, un insegnante?

Inizialmente una necessità economica, quindi unicamente un sostegno alla mia figura di musicista. Dopodiché è diventato un lavoro anche di una certa rilevanza, in quanto, come dice la parola stessa, devi dare un segno da seguire ai ragazzi e questo segno deve essere indiscutibilmente valido; così da accompagnarli ad un’evoluzione di se stessi, tenendo coscientemente conto delle caratteristiche strutturali interiori della personalità del singolo individuo.

E per concludere, un piccolo focus su di te, cosa ha reso determinante il tuo rapporto con la chitarra? Un bisogno di espressione? O al contrario la necessità di interiorizzare?

Sinceramente un'urgenza. Forse un’urgenza di esprimere chi realmente fossi, al di là della struttura famigliare da cui provengo, dove la musica non era di casa. Al tempo stesso, l’urgenza di interiorizzare tramite quello strumento magico il feeling che avevo sempre sentito con esso.

Virginia Moretti

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