A Sound in common è il primo disco del quartetto composto da Francesco Patti, Andrea Domenici, Giuseppe Cucchiara e Andrea Niccolai, recentemente uscito per l’etichetta GleAM Records. Un album in cui spicca la partecipazione di un colosso della musica come Peter Bernstein caratterizzato dall’amore per il jazz tradizionale ma anche per i linguaggi più moderni. Ecco il racconto della band a Jazz Agenda.

Per cominciare l’intervista parliamo subito del disco: vi va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

“Dunque, ‘A sound in Common’ è stato registrato a New York nel novembre del 2022 ed è stata un’emozione unica poterlo registrare negli studi di Sear Sound che sono appunto tra i più importanti della città. Inoltre l’opportunità di registrare con un colosso come Peter Bernstein è stata come vivere un sogno. Peter è una persona meravigliosa che in poche ore ci ha illuminati, incoraggiandoci e facendoci sentire completamente a nostro agio. Come se lo conoscessimo da tanto tempo. Esperienza indimenticabile che ha sicuramente marcato notevolmente il nostro percorso.”

Raccontateci adesso la vostra storia: come è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?

“Il quartetto nasce in una maniera abbastanza naturale. Essendo quasi tutti residenti nella grande mela, dopo qualche session casalinga, seguita sempre da grandi mangiate all’italiana, abbiamo deciso di allestire un piccolo tour estivo in Italia. Dopo quel tour, tornati a New York, senza pensare troppo ai vari dettagli abbiamo deciso di prenotare una giornata in studio.”

Un disco per una band o per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per voi cosa rappresenta?

“Esattamente.  Si tratta proprio di una fotografia del momento che ci permette di fissare un periodo della nostra carriera, del nostro modo di suonare e di scrivere. Sicuramente è stato un bel punto di arrivo, ma adesso anche un punto di partenza. Senz’altro un’esperienza del genere ti stimola ad andare sempre avanti e alla ricerca di nuovi orizzonti.”

Se parliamo dei vostri riferimenti musicali cosa vi viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per voi sono stati davvero importanti?

“Abbiamo deciso di chiamare l’album “A sound in Common” anche perché i nostri gusti musicali sono abbastanza vicini. Siamo tutti profondamente innamorati del “vecchio jazz”, come direbbe qualcuno, e quindi del mainstream, il bebop, l’hardbop etc – ma anche di quello nuovo! Ognuno di noi poi ha ovviamente i propri punti di riferimento ma la nostra affinità è stata sicuramente fondamentale per la riuscita di questo progetto.”

Come vedete il vostro progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla vostra musica?

“Ci auguriamo sicuramente di continuare a crescere come band, a scrivere nuova musica e a divertirci sul palco. Non abbiamo particolari aspettative, sarà la musica a guidarci.”

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: avete qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

“Si, abbiamo in programma qualche gigs di presentazione qui a New York e poi stiamo lavorando per un piccolo tour italiano quest’estate. Inoltre abbiamo già pensato che ci piacerebbe molto ritornare in studio per un secondo album.”

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