Si intitola Cosmonautica il primo disco da leader dl bassista Riccardo Gola uscito per l’etichetta discografica Jando Music/Via Veneto Jazz. Un lavoro le cui composizioni sono chiaramente contaminate da una pluralità di linguaggi che spaziano dal rock all’elettronica, dalla musica africana alla classica contemporanea. Hanno partecipato a questo progetto Francesco Bigoni al sax tenore e clarinetto, Enrico Zanisi al pianoforte ed Enrico Morello alla batteria,

Per cominciare l’intervista parliamo subito del disco: ti va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

Cosmonautica è un piccolo manifesto di come, secondo me, dovrebbe suonare un quartetto jazz oggi. Pulito e classico nel timbro, contaminato e meticcio nel vocabolario. Ho cercato di scrivere musica variegata, per non stancare l’ascoltatore, ma allo stesso tempo mantenere un sound organico ed unitario. Soprattutto ho cercato di dare libertà ai tre musicisti che fanno parte del progetto insieme a me, sono tre artisti incredibili che hanno portato un contributo personale e profondo alla musica.

Raccontaci adesso la tua storia: come è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?

Il progetto nasce alla fine del mio percorso di studi al biennio di Siena Jazz insieme a Joe Sanders: mi sono concentrato sulle figure di contrabbassisti bandleader nella storia del jazz, da Oscar Pettiford a Charles Mingus, da Dave Holland a Linda Oh. È stato naturale a quel punto decidere di prendere a mia volta il timone in mano, scrivere musica e darle una direzione. Il primo passo è stata la scelta dei musicisti, che è sempre un delicato equilibrio tra motivazioni artistiche ed umane. Se in un gruppo non si crea un’alchimia la musica ne risente, e poi andare in tour e molto più noioso! Una volta scelti Francesco, Enrico ed Enrico, ed avuto l’ok da parte loro, la scrittura è avvenuta di getto. Direi che questa è musica scritta su misura per loro.

Se parliamo dei tuoi riferimenti musicali cosa ti viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per te sono stati davvero importanti?

Cosmonautica è prima di tutto un viaggio interiore; ci sono dentro le influenze, gli stimoli e i colori che ho raccolto in più di vent’anni di carriera come contrabbassista. Quando mi sono seduto al pianoforte e ho iniziato a scrivere mi sono chiesto: c’è qualcosa che voglio dire al mondo, in maniera urgente, proprio qui e adesso? La risposta sono stati questi 10 pezzi. La lista delle mie influenze è veramente infinita, perché sono un onnivoro musicale. Nella mia playlist c’è realmente di tutto, da Shostakovic a Stevie Wonder, da Ambrose Akinmusire a Thom Yorke, e generalmente mi piace suonare tutto in maniera “random” e passare continuamente da uno stile all’altro. Di certo si può sentire l’influenza dei grandi musicisti jazz contemporanei, da Mark Turner a Bill Frisell passando per altri meno conosciuti come Chris Lightcap e Ron Miles.

Come vedi il tuo progetto nel futuro? In sintesi, quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla tua musica?

Voglio portare in giro Cosmonautica e farlo suonare il più possibile: credo che l’affiatamento che si crea suonando su un palco sera dopo sera sia un ingrediente fondamentale per suonare buon jazz. Questo è un repertorio che è stato pensato per essere suonato dal vivo, con grande libertà e anche infinite variazioni. Poi, come ho già detto, io sono un onnivoro musicale, sto già lavorando ad altri progetti tra cui un solo con contrabbasso e synth ed un trio…come si suol dire, il disco migliore è sempre il prossimo!

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: hai qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

Con i Cosmonauti suoneremo al Mammuth Jazz Festival e al Quadraro in Jazz, più altre date che sto definendo in questi giorni. Invece nel prossimo mese sarò impegnato con le registrazioni del nuovo disco di Simone Alessandrini, in quello di Marta Capponi, e poi con la promozione di “Lucio dove vai?” di Costanza Alegiani.

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