Martedì 11 marzo presso lo Spazio Rossellini Francesco Bearzatti sarà in concerto nell’ambito della rassegna Spazio Jazz dove porterà in scena il suo ultimo lavoro “Post Atomic Zep”. Un album pubblicato dall’etichetta doKumenta Music, dove il jazz incontra il rock e in cui il noto sassofonista si spinge oltre i confini con un omaggio originale all’iconica rock band dei Led Zeppelin. La band è completata da Danilo Gallo al basso ed elettronica e Stefano Tamborrino alla batteria e voce. A raccontarci il disco e come si svolgerà questo concerto è Francesco Bearzatti in persona.
Per cominciare cosa ci dobbiamo aspettare dal concerto: quali brani suonerete e soprattutto in cosa si differenzia uno spettacolo lave da un ascolto da studio?
“Suoneremo quasi tutti i brani del disco ma a differenza della musica registrata in studio, nel live, tutte le parti improvvisate saranno diverse, ispirate dal mood del momento.”
Un disco realizzato in trio senza la chitarra ma con il basso distorto di Danilo Gallo e un sax che spesso si accende. Una sfida intrigante anche per chi viene dagli studi Jazz?
“Una sfida molto intrigante per tutti quelli che amano questa band e decidono di reinterpretare la loro musica senza una voce ed una chitarra. Danilo con il basso in certi momenti suona i power chords e io con il sax distorto prendo i soli in stile guitar hero, Stefano, alla batteria alle volte canta. Insomma, ci diamo un gran da fare per poter rileggere alla nostra maniera questi capolavori della musica rock.”
I Led Zeppelin, un gruppo cult nella storia del rock, cosa ti ha affascinato di questo universo e da cosa deriva la scelta di approcciarsi a questo mondo?
“Fin da ragazzino, ho sempre provato una forte attrazione per il blues rock e di conseguenza ho ascoltato tantissima musica di questo genere. I LZ, hanno messo il turbo al blues rock inventando di fatto l’ hard rock ma intervallando tutta questa potenza con ballate folk meravigliose . Inoltre non possiamo dimenticare la bravura e l’originalità di questi quattro meravigliosi musicisti che insieme avevano una chimica straordinaria.”
C’è stata una scintilla, un momento particolare che ricordi che ti ha portato poi a dar vita a questo disco?
“Si, è successo dopo un lungo periodo in cui questo progetto era fermo e praticamente abbandonato, siamo stati chiamati a Torino per un concerto che pensavo sarebbe stato un episodio isolato ed invece l’entusiasmo di un sala sold out e di una lunga fila che si era formata pensando avessimo un Cd in vendita mi ha fatto venire voglia di documentare tutto aggiungendo anche nuovo materiale. “
Nel disco sono presenti anche dei brani originali che anch’essi rappresentano il vostro approccio creativo. Ce li vuoi descrivere?
“Ho registrato una cadenza in sax solo come preludio a Starway to Heaven che ho intitolato Intro to Heaven e un brano dedicato al grande John Bonham dal titolo Ode to J.B. che chiude il disco, dove la batteria è protagonista.”
Jazz e rock sono due linguaggi che per molti agli antipodi ma che possono dialogare alla perfezione. Sei d’accordo con questa affermazione?
“Sono d’accordo solo in parte. Jazz e Rock, hanno la stessa matrice, derivano entrambi dal Blues, ma hanno esigenze diverse. Per me possono dialogare tranquillissimamente.“
Possiamo dire dunque che il futuro nel jazz o quantomeno una strada da seguire sta proprio nella contaminazione degli stili?
“Secondo me il jazz non ha alternative, per continuare ad evolversi è obbligato a contaminarsi come è già successo innumerevoli volte in passato.”