Pubblicato dall’etichetta GleAM Records, Source è il nuovo album del pianista e compositore italiano Lorenzo Bellini. Un lavoro che rappresenta il risultato della collaborazione di quattro giovani musicisti la cui formazione è completata da Luca De Toni (chitarra elettrica), Matteo Padoin (contrabbasso) e Andrea Dionisi (batteria). La band si è riunita per la prima volta all’interno delle mura del Berklee College Of Music e ora è attiva a livello internazionale nella scena musicale europea. Ne parliamo con Lorenzo Bellini che ci ha raccontato come è nata questa avventura.

Per cominciare l’intervista parliamo subito del disco: ti va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

Buongiorno e grazie dell’invito! Source è il mio secondo album, il primo realizzato insieme a questo quartetto, completato da Luca De Toni (chitarra), Matteo Padoin (contrabbasso), Andrea Dionisi (batteria). È stato pubblicato da Gleam Records nel maggio 2025 e contiene sei brani originali: Fragile Spirit, Source, Auntie Lu, Out Of The Blue, Odruis and Offering. Source è stato registrato nell’agosto del 2024 presso lo studio BasementGroup di Vicenza, ripreso, mixato e masterizzato da Federico Pelle.

Quali sono state le fonti di ispirazione che ti hanno portato a comporre i brani del disco?

Sebbene ogni brano nel disco abbia una sua storia, Source come titolo dell’album è stato scelto a partire dal brano omonimo, scritto appositamente per questa formazione all’inizio della nostra esperienza come band. Nell’estate 2023 abbiamo infatti partecipato al contest Music4TheNextGeneration, portando sul palco una reinterpretazione in chiave moderna dell’Andante Cantabile per quartetto d’archi n.1 op.11 di Čajkovskij. Proprio la natura rigenerante e primaverile di una delle cellule melodiche di questo brano, il secondo tema in particolare, è stata l’ispirazione principale per la stesura del nuovo arrangiamento. Questo, insieme al semplice fatto che la band si sia in fondo veramente formata grazie a questo evento e intorno a questo brano, ha fatto sì che la scelta del titolo dell’album cadesse proprio su Source.

Raccontaci adesso la storia di questo disco: dalla sua genesi fino alla registrazione vera proprio?

Nel luglio 2024 abbiamo girato alcune città europee all’interno di un piccolo tour con il quartetto. Durante quei giorni di musica e viaggio abbiamo deciso che quell’idea di un disco insieme poteva finalmente prendere forma. Ho chiesto quindi Federico Pelle, grande artista e grande amico se fosse stato disponibile a registrarci. Lui non ha esitato e, di lì a poco, ci ha aperto per tre giorni le porte del suo studio a Vicenza. Nonostante la registrazione sia avvenuta ad agosto 2024, I brani sono stati scritti in periodi diversi tra loro. C’è per esempio Fragile Spirit, scritto circa due anni prima e continuamente riplasmato col passare tempo; c’è Auntie Lu, composto poche ore prima della registrazione e Odruis, nato proprio in studio. Se nei confronti dei brani scritti da tempo – come Fragile Spirit e Source -c’è stata una certa confidenza e una piuttosto chiara aspettativa sonora, non si può dire lo stesso di quelli più recenti come Auntie Lu e Out Of The Blue, in cui ci abbiamo ricercato freschezza e imprevedibilità.

Ci vuoi parlare anche dei musicisti che hanno partecipato alla realizzazione del disco? Quali sono state le motivazioni di questa scelta?

Ogni pezzo è stato pensato tenendo conto dei musicisti che lo avrebbero interpretato e delle loro specifiche qualità: come la sensibilità di Luca nel valorizzare ogni linea melodica, la capacità di Andrea di muoversi liberamente tra pieni e vuoti sonori, o la precisione ritmica e armonica di Matteo.

Ci siamo conosciuti a Boston, dove ognuno di noi ha studiato. È stato però solo alla fine del 2022, quando mi è stata offerta l’occasione di esibirmi in Italia con un mio progetto musicale, che ho deciso di coinvolgere Luca alla chitarra e Matteo al contrabbasso, unendoli a me e ad Andrea alla batteria, con cui già collaboravo in altri contesti.
La scelta è stata piuttosto naturale: innanzitutto per la profonda stima che nutro nei confronti di ciascuno di loro, sia sul piano umano che artistico; poi perché condividiamo una formazione simile, una visione comune dell’idea di musica originale e un’esperienza parallela che ci ha portati a lasciare l’Europa, per poi tornarvi con prospettive nuove.
Ma, più di ogni altra cosa, credo che il vero motivo sia il piacere di stare insieme: c’è sintonia, leggerezza e un senso di gioia autentica, sia quando suoniamo che nei momenti fuori dalla musica.

Un disco per una band o per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per te cosa rappresenta?

Penso che questo disco sintetizzi per noi ciascuna di queste cose: una fotografia del momento, come cristallizzazione del nostro e del mio modo di suonare; un punto di arrivo, almeno per me, nel senso che si tratta per la prima volta di una collaborazione con un’etichetta, qualcosa che non avevo mai fatto prima e che consideravo in qualche modo un obbiettivo personale; soprattutto però, un punto di partenza: un lavoro che ci ha fatto crescere come band, ci ha reso più consapevoli del nostro suono e della direzione artistica in cui vogliamo continuare a camminare, cercando di affinare il processo e migliorarsi.

Se parliamo dei tuoi riferimenti musicali cosa ti viene in mente? Ci sono degli artisti noti o anche meno noti che per te sono stati davvero importanti?

Da quando ho vissuto per qualche mese a New York, nel 2022, mi sono innamorato della scena musicale e dell’eredità artistica che viene ogni notte portata avanti nella città. Nasce da qui la passione per i giganti del presente e del passato del jazz di New York, come Mulgrew Miller e Kenny Kirkland. Tra i contemporanei adoro Fred Hersch, Sullivan Fortner e il sassofonista Immanuel Wilkins. Quando ho vissuto in America ho avuto il privilegio di avvicinarmi alla musica Gospel, suonando in varie chiese battiste, tra cui quella del mio professore Dennis Montgomery III. È lui sicuramente una delle più grandi influenze nel mio suono. Amo poi Gustav Mahler, la sua melancolia da ultimo dei romantici e sicuramente Chopin, che il mio insegnante di pianoforte classico a Fiesole, Enrico Stellini, mi ha fatto apprezzare profondamente.

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: hai qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

A partire dall’estate, e in modo più intenso tra ottobre e novembre 2025, la band sarà in tour in diverse città europee per presentare Source. Diverse date sono già confermate e il calendario continua a evolversi, con appuntamenti che proseguiranno anche nel 2026; nuovi brani sono già stati composti e stiamo iniziando a pensare al prossimo progetto discografico. Parallelamente sto lavorando ad altri nuovi progetti, tra cui un album per Big Band scritto a quattro mani con il bassista britannico Chris Diamand, e Cloudy Peaks, un quartetto formato insieme a musicisti attivi nella scena di Londra, dove ho vissuto per due degli ultimi tre anni.

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