Si intitola Corde a Colori l’ultimo disco del chitarrista Massimo Sorrentino uscito per l’etichetta RadiciMusic Records. Un concept album dove la divisione dei colori diventa fonte d’ispirazione per la creatività e la composizione. Completano la formazione di questo progetto Daniele Sorrentino al contrabbasso e Andrea Rea al pianoforte. Ecco il racconto del leader a capo di questa nuova avventura.

Per cominciare l’intervista parliamo subito del disco: vi va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?

Innanzitutto un caloroso saluto ai gentili lettori di Jazz Agenda. Il mio nuovo CD, “Corde a colori” (uscito per la RadiciMusic Records), nasce come un “concept-album” (10 brani inediti + 2 standard) diviso in 4 parti: il filo conduttore di questa immaginaria divisione è il mondo dei colori. Infatti ho voluto creare della musica attraverso la suggestione che determinati colori riuscivano a darmi: da qui l’idea di creare una sorta di ‘quadri musicali’, formati da tre brani ciascuno. Più nello specifico: al ‘bianco’ è affidata l’apertura del disco, con una formula strumentale minimalista, con brani in “chitarra solo”. Il momento del  ‘verde’ è imperniato da un sound tradizionale e jazzistico, in una classica formazione con contrabbasso e pianoforte (rispettivamente con Daniele Sorrentino e Andrea Rea, noti jazzisti dello “Stefano Di Battista Quartet”), poi si arriva ai momenti dedicati al colore ‘rosso’, che vuole richiamare la suggestione teatrale e filmica della musica, con delle composizioni e degli arrangiamenti  contraddistinti da organici più vasti, sinfonici, con impronte jazz sperimentali e contaminate, per poi concludere questo viaggio nei ‘colori musicali’ con l’ultimo ‘quadro’ dedicato al colore ‘blu’, in cui vi sono richiami all’improvvisazione più moderna, con incursioni anche nel rock e nell’afro beat, grazie all’ausilio di una certa vastità di chitarre elettriche e di loop elettronici.

Raccontaci adesso la tua storia: come è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?

Questo è il mio terzo CD da leader. I miei progetti hanno sempre avuto delle collaborazioni variegate, questo per rendere la mia musica più versatile possibile e allo stesso tempo poco etichettatile, anche se certi riferimenti e influenze sono evidenti. Ad esempio non nascondo che molte delle mie composizioni risentono dell’approccio strutturale e stilistico del “Pat Metheny Group”. Ma nel mio piccolo ho sempre cercato di attorniarmi di musicisti/amici con i quali ricercare un suono e un mood che fossero riconoscibili e che dessero una certa continuità al mio percorso artistico. In tal senso mio fratello Daniele e Andrea Rea hanno rappresentato una costante per questi progetti discografici, trattandosi di jazzisti estremamente duttili ed eclettici.

Un disco per una band o per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza: per voi cosa rappresenta?

In effetti ogni incisione, ogni esecuzione è una istantanea unica di un momento irripetibile. Nel jazz questa definizione lo è ancora di più, in quanto si parla di musica che spesso si avvale di improvvisazione, di ‘soli’ che vengono condizionati da un istante specifico. Per questo la registrazione di un album è fondamentale, perché sei consapevole che tali esecuzioni ed interpretazioni non avverranno mai più come in studio. E’ la croce e delizia del jazz: l’irripetibilità di quel momento, di quel presente. E’ un po’ il rischio dei jazzisti: non possono replicare degli assoli, anche se propri, ma questo è anche molto stimolante per cercare sempre nuovi input.

Se parliamo dei tuoi riferimenti musicali cosa vi viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per te sono stati davvero importanti?

Come accennavo prima, il ‘Pat Metheny Group’ mi ha molto influenzato nel modo di comporre e di concepire la musica strumentale. Sono un grande appassionato di Metheny, apprezzando soprattutto gli ultimi lavori con il suo storico gruppo. Anche il suo ‘chitarrismo’ mi ha sempre ispirato. Ma lui in un certo senso è un’eccezione nel mio percorso, perché in generale direi che i miei riferimenti e le fonti di studio, difficilmente sono stati dei chitarristi: il mio ascolto è sempre stato più attratto dai pianisti, o dai tanti altri grandi strumentisti della storia del jazz. Da Herbie Hancock, McCoy Tyner, Coltrane, Miles, Pastorius fino a Brad Mehldau e Django Bates. Fra l’altro quest’ultimo credo sia il pianista/arrangiatore più sottovalutato della storia, nonostante abbia comunque una discografia ed una carriera di tutto rispetto. Infine, oltre al jazz, non posso non citare i Beatles come riferimenti assoluti, ed in particolare modo Paul McCartney, che reputo il più grande compositore di musica e di ‘melodie’ dell’ultimo secolo. Non a caso nel disco ho voluto omaggiarlo con una versione di “Blackbird”.

Come vedi il tuo progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla tua musica?

Viviamo in un’epoca in cui la commistione sonora tra le varie culture musicali, e non, è sempre più presente. Mi piace pensare che questo approccio sia molto jazzistico: d’altronde il jazz nasce dall’incontro di più culture e grazie al dialogo continuo di grandi musicisti che ricercavano nuovi linguaggi e nuove frasi musicali. L’obiettivo personale quindi è quello di proseguire e perseguire questa filosofia: proporre la mia musica, anche in questo periodo in cui tutto tende a dover essere identificabile ed etichettato, senza troppi vincoli di genere, evitare certi steccati e dare spazio alla libertà di espressione. Questo credo possa valere anche in generale, non solo musicalmente parlando.

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: hai qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

Progetti futuri tanti: concreti o solo in cantiere. Innanzitutto c’è la volontà di portare parte di questo disco in giro, in trio, con Daniele Sorrentino al basso e Luigi Del Prete alla Batteria. Proprio con quest’ultimo ho realizzato una versione inedita di un mio brano presente nel CD: rappresenterà il nuovo singolo del disco e si chiama “From the sea to the sky”. Uscirà solo per il mercato digitale nelle prossime settimane: sarà una sorta di bonus-track del disco.

Categories: