Non un semplice concerto ma qualcosa di più, perché la musica non è solo intrattenimento ma anche un mezzo per smuovere le coscienze, specialmente in un periodo buio come questo. Su questa base si articola lo spettacolo Natale a Utopia City “Cantata funky a più voci per la pace” di Mario Donatone e la sua band Bluesman Latino con la partecipazione del coro World Spirit Orchestra. L’appuntamento è dal 26 al 28 dicembre al teatro Garbatella a partire dalla ore 21:00. Ne parliamo a tu per tu con Mario Donatone che oltre all’espetto musicale dell’evento ci spiega anche il valore e l’impatto che può avere la musica.

Natale a Utopia City “Cantata funky a più voci per la pace” è un titolo senza dubbio intrigante. Cosa dobbiamo aspettarci da questo spettacolo?

“Un concerto raccontato come ne abbiamo fatti tanti in questi anni, sin dal 2017. Uno spettacolo in cui c’è una scelta di brani che va dallo spiritual più arcaico, al soul gospel anni 60-70 , alla musica sacra di Ellington al blues e rock d’autore, da B.B. King a John Lennon, Lenny Kravitz e Laura Nyro.”

Possiamo dire dunque che quello che vedremo sarà un viaggio nella musica black?

“Sarà un viaggio nella musica black e non solo. Tutti i brani sono collegati a delle parole, dei concetti antichi come pace, libertà, utopia, fratellanza, ma anche guerra e violenza. Parole spiegate nella loro storia ed etimologia storica, per portare il pubblico a riflettere su di esse attraverso la musica degli ultimi 120 anni.”

Ci sarà anche un filo conduttore e una trama vera e propria in questo viaggio in musica?

“Non è una vera e propria trama ma, come hai detto tu, un filo conduttore.  Ci sono due matti (io e Angelo Cascarano) che si incontrano e decidono di mettere su una radio nei giorni delle feste natalizie per fuggire al caos cittadino e per trasmettere suoni e parole di pace da questo vecchio strumento, alternativo alla litigiosità distruttiva dei social. Quindi con questo escamotage riusciamo a parlare di tante cose con un ritmo radiofonico (che ci appartiene come musicisti ) e non attoriale, visto che non abbiamo questo tipo di formazione. E la parte più importante è naturalmente la musica, che dà significato a tutte queste parole che noi indaghiamo nello spettacolo. Ci sono brani storici che tutti conoscono , da Jericho a People get ready, da Nowhere to run a What the World needs now, da Aquarius a Imagine a We want peace, un brano bellissimo che fece Lenny Kravitz durante la guerra del golfo. Poi si spazia su pagine sacre del jazz sinfonico di Duke Ellington, e non manca mai qualche mio brano originale, che il pubblico ha sempre mostrato di apprezzare.”

In questo spettacolo c’è anche il coro World Spirit Orchestra che vi segue da anni nei concerti. Come si è evoluto nel tempo questo progetto?

“Il coro è un supporto musicale eccezionale, è come avere la dolcezza di una sezione archi e la potenza di una sezione fiati insieme. La voce umana secondo me non si batte, e questo coro è formato da persone di grande passione e dedizione alla musica. Lavoriamo insieme da anni e i risultati sono sempre più importanti, come coesione, sonorità e intensità musicale.”

Mario Donatone e Bluesman Latino è la tua ultima band con cui ti esibisci da diverso tempo. Che tipo di sound la contraddistingue?

“Siamo andati sempre di più verso un sound minimale, che valorizza i vari colori vocali e strumentali senza nulla togliere all’impatto che abbiamo assorbito da tanti anni di musica black di tutti i tipi che abbiamo praticato, ma imparando a mettere più in evidenza le sfumature e il mood delle voci. La mia voce con quelle di Giovanna Bosco, Isabella Del Principe e Angelo Cascarano creano un equilibrio musicale che ha anni di lavoro dietro . E il tessuto strumentale è molto vario. Io uso il pianoforte e suoni di piano rhodes diversi mischiati a suoni di basso, e Angelo suona il basso e la chitarra in momenti diversi. La batteria di mio fratello Antonio Donatone, recentemente entrato nel gruppo, si incastra con le piccole percussioni suonate da Gio’ e Isa, creando un sound diverso da brano a brano. È un tessuto sonoro molto ricercato che ha la spontaneità di un suono più ‘street’ e la sofisticazione di arrangiamenti molto articolati, che tendono a mettere in luce un’ispirazione a metà tra i ritmi soul e latini e il senso melodico nostrano.”

L’idea dunque è quella di coniugare un sound Mediterraneo con la musica proveniente dall’altra parte dell’oceano?

“Certamente, lo facciamo da qualche anno sia nel sound che nei brani che alternano la lingua inglese con quella italiana , e a volte mischiano le carte in questo senso. Chi verrà a vederci e ad ascoltarci il 26, 27 e 28 dicembre al Teatro Garbatella sentirà anche queste cose.”

Chiudiamo con un messaggio: in un’epoca buia come questa, può la musica essere un veicolo di pace che può fare ragionare la gente a creare un mondo forse un po’ più utopico?

“Il concetto di utopia nasce proprio come idea di una società pacifica, ed è per questo che ora paradossalmente ritorna. Io penso che la cultura in genere può fare moltissimo, e d’altronde non abbiamo alternativa, dobbiamo almeno provare a scuotere le coscienze.”

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