Tratta da “Now he sings, now he sobs” – un disco nella classica formazione in trio che precede di poco la svolta elettrica degli anni settanta – “windows” non si direbbe un titolo buttato lì a caso. E’nello scorrere della linea melodica che si ha questa impressione – poiché pur non allontanandosi da un canonico andamento jazz in tre quarti, il tema nel suo modulare sempre dà l’idea di aprire nuove finestre, da cui potersi sporgere per godere di nuovi e meravigliosi landscapes. Il pianoforte dapprima si libra sognante; poi prende tono in maggiore e, ad un tratto ecco emergere l’anima ispanica di Chick Corea sulle cadenze decise della scala di flamenco. Ma non è finita qui: il viaggio riprende in una specie di trance onirica, accentuata da una serie di accordi preziosi che suggeriscono il finale, senza peraltro arrivare mai ad una vera e propria conclusione sulla tonica di base. E che dire di Miroslav Vitous al contrabbasso e Roy Haynes alla batteria? Un esempio ancora per tutti i musicisti di oggi.
Claudio Censi