Pianistae compositore pescarese, da sempre attratto dalla Danimarca, Paolo Russo negli anni ’90 si trasferisce a Copenaghen e inizia un intenso percorso artistico. A 30 anni si innamora del bandoneon, che diviene fonte di grande ispirazione ed energia, e con il quale ha girato il mondo realizzando svariati album e progetti a livello internazionale. Tra le numerose collaborazioni: Lelo Nika, Gianluigi Trovesi, Pablo Ziegler, Caroline Henderson, Howe Gelb,Paolo Fresu, Stefano Bollani, Nico Gori, Jesper Bodilsen, Emanuele Cisi. Nell’ultimo anno è tornato spesso in Italia per alcuni live, tra cui il “solo” al Torino Jazz Festival 2016, il duo in diretta su LA7 con Greta Panettieri e la giornata del “Jazz Italiano per L’Aquila” alla Casa del Jazz di Roma. Lo abbiamo incontrato per farci raccontare di più!

Dividi attualmente la tua carriera e la tua vita tra l’Italia e la Danimarca. Un breve raffronto tra le due realtà.

“Aver frequentato il Rytmisk Musikkonservatorium di Copenaghen (1997-2002) da studente straniero ha rappresentato per me un forte elemento di radicamento sul posto, nonché di solida definizione di social status, oltre a favorire ampiamente la connessione con l’ambiente musicale locale ed internazionale. Ho trascorso cinque anni di intenso studio ed attività musicale, con il pianoforte come strumento principale, venendo a contatto con un gran numero di musicisti di altissimo livello, provenienti da tutto il mondo e vivendo entusiasmanti esperienze, anche fuori dal paese, che hanno costituito un momento di ampia crescita artistica e di notevole arricchimento umano. Il rapporto con l’Italia, da quando vivo a Copenaghen (da oltre vent’anni), l’ho vissuto in maniera più rivolta verso la cura degli affetti familiari e della memoria storica dei luoghi d’origine, pur proponendomi occasionalmente con i miei progetti. Tuttavia, da qualche tempo, sento una sorta di richiamo verso il mio paese, più di carattere professionale. Di ciò sono felice, perché mi sta mostrando la possibilità d’interagire con persone, musicisti e luoghi che sento molto consonanti alla mia espressione artistica attuale.”

L’incontro con il bandoneon per te avviene dopo aver iniziato già un percorso artistico come pianista e compositore.

“Ho intrapreso lo studio del bandoneon da solo a 32 anni, quindi relativamente tardi. Tuttavia, la preparazione classica e jazz sul piano e l’esperienza compositiva sono stati per me un’ottima guida, che mi ha consentito non solo di concentrarmi principalmente sull’aspetto tecnico e sonoro dello strumento (uno dei più illogici), ma anche di affrontare la ricerca di un linguaggio individuale. Sostanzialmente, vivo la mia attività musicale in un continuo e giocoso dualismo strumentale che mi porta a traslare le mie conoscenze dal piano al bandoneon e viceversa. Ritengo che lo sviluppo della propria voce interiore sia l’aspetto più importante del cammino di un musicista creativo, per poter essere non solo riconoscibili nel suono, ma anche identificabili attraverso il linguaggio.”

Vi sono artisti che continuano a ispirarti particolarmente durante i tuoi momenti compositivi?  

“La figura della mia ex insegnante di piano, Rachele Marchegiani, che mi accompagna sempre e mi dà forza. Astor Piazzolla, non solo per le sue opere, ma per la modalità di approccio alla musica, alla composizione, alla vita. Egberto Gismonti, per la facoltà rarissima di riuscire ad ipnotizzare il pubblico, trasmettendo energia, conoscenza ed emozione, indipendentemente da quale strumento egli stia suonando. Bach, per la perfezione della sua musica, che vibra di un’umanità ricca e toccante e che considero ancora profondamente attuale, nonostante i secoli. Innumerevoli altri artisti, non solo musicisti, ma anche delle arti visive, poeti, scrittori, architetti noti e meno noti di volta in volta si manifestano in qualche forma e lasciano qualcosa che vale la pena di carpire, studiare ed approfondire. Tuttavia, forse il momento di più grande ispirazione per me, nello sviluppo di attività creative è il contatto con la natura. Mi trovo in questo momento in una casetta di legno immersa in un bosco che si affaccia sul Mare Del Nord: sento il respiro silenzioso della coscienza suprema della natura placare amorevolmente le acque agitate dell’intelletto, permettendo finalmente alla voce nuda e serena dell’anima di emergere nella sua forma più autentica.”

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

“Tangology” – una suite strumentale in 11 movimenti per ottetto, composta e già registrata con l’Ensemble Midtvest (presentata in concerto anche a New York), di prossima pubblicazione. “Imaginary Soundtrack” – una suite di recente composizione per una formazione insolita: flauto dolce, vibrafono, contrabbasso e bandoneon. Inoltre, sto continuando il lavoro sul bandoneon solo (già intrapreso con l’uscita del primo album dedicato a questo ciclo nel 2015): un’antologia di brani originali, per la quale è prevista anche la pubblicazione di un libro, oltre al CD. Tra i vari progetti del 2017, una produzione discografica in trio/quartetto, in cui sarò presente sia al piano, che al bandoneon, incentrata su brani miei nuovi, che sto scrivendo in questo periodo.”

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