Pubblicato dall’etichetta Filibusta Records, RPM è il disco d’esordio dell’omonima band che vede la partecipazione di Claudio Piselli al vibrafono, Pierpaolo Ranieri al basso elettrico e Alessandro Marzi alla batteria. Un album intenso, dove l’interplay gioca un ruolo fondamentale caratterizzato da una grande sinergia tra strumenti senza che ci sia un elemento prevalente. Ne parliamo con Claudio Piselli
Per cominciare l’intervista parliamo subito del disco: ti va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?
“Il nostro disco è come un quadro che racchiude tutte le nostre vite. Si percepiscono colori forti, emozioni intense, ed è un lavoro profondamente spirituale. Abbiamo cercato di dare forma alla nostra visione musicale senza compromessi, lasciando emergere l’energia e la sintonia che ci unisce.”
Raccontaci adesso la storia: come è nato questo trio e come si è evoluto nel tempo?
“RPM è il frutto di un legame musicale e umano che dura da oltre vent’anni. Io, Claudio Piselli (vibrafono), Pierpaolo Ranieri (basso) e Alessandro Marzi (batteria) ci siamo conosciuti quando suonavamo nei locali storici di Roma come il Music Inn, l’Alpheus, lo Stardust e molti altri. Dopo aver intrapreso percorsi musicali diversi, ci siamo ritrovati e… boom! Da quel momento è nato questo trio, con una forte intesa e una voglia rinnovata di creare musica insieme.”
In questo progetto non esiste un elemento preponderante. Qual è il vostro approccio alla musica e alla composizione?
“Il nostro approccio è diretto e istintivo: suoniamo senza troppe parole. Lasciamo che la musica parli per noi, senza forzature. Stiamo lavorando a nuove composizioni originali e ci piace mantenere aperta la possibilità di collaborazioni future. Siamo carichi e pronti a esplorare nuove direzioni.”
Un disco per una band o per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza. Per voi cosa rappresenta?
“Per noi questo disco è un punto di partenza. È la sintesi delle nostre esperienze e del nostro percorso, ma anche l’inizio di qualcosa di nuovo. Ogni brano è un tassello di un viaggio che vogliamo proseguire, sempre alla ricerca di nuove sonorità e nuove ispirazioni.”
Se parliamo dei vostri riferimenti musicali cosa vi viene in mente? Ci sono degli artisti, noti o anche meno noti, che per voi sono stati davvero importanti?
“Per il vibrafono, alcuni riferimenti fondamentali sono Roy Ayers, Milt Jackson, Joe Locke, Terry Gibbs, Lem Winchester e Mike Mainieri. Ma le nostre influenze sono molteplici: la fusion degli anni ’90, John Coltrane, la musica classica… sia io che Alessandro Marzi abbiamo suonato in orchestra, quindi il nostro background spazia tra generi diversi, arricchendo il nostro modo di fare musica.”
Come vedi questo progetto nel futuro? In sintesi quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla vostra musica?
“Siamo in attesa di risposte importanti per presentare il nostro album nel miglior modo possibile. Vogliamo che la nostra musica arrivi al pubblico giusto e trovi lo spazio che merita. Ci auguriamo di portare il progetto su palchi importanti, perché crediamo che un disco come il nostro debba essere valorizzato nella dimensione live.”
Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: avete qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?
“Nei prossimi mesi suoneremo in alcuni piccoli club, ma il nostro obiettivo è portare la nostra musica su palchi più grandi. Intanto continuiamo a lavorare, a comporre e a far crescere il progetto. Ci sono tante idee in cantiere e non vediamo l’ora di realizzarle!”