Pubblicato dall’etichetta Emme Record Label, Inward Songs è l’ultimo lavoro della cantante ultimo lavoro di Sara Rotunno, un disco dai tratti onirici che pur mantenendo sempre una formazione minimale spazia tra diversi linguaggi del jazz con una grande attenzione all’aspetto melodico. Una raccolta di otto brani, di cui cinque originali, presentati nella formula essenziale del duo acustico completato dal pianista Francesco Schepisi, con l’aggiunta del sax tenore e soprano di Enzo Bacco in due tracce. È Sara Rotunno a raccontarci questo progetto.

Per cominciare l’intervista parliamo subito del disco: ti va di descriverlo brevemente ai lettori di Jazz Agenda?
Certo! Inward Songs – Canzoni Interiori parla di sensazioni ed emozioni che ho deciso di raccontare in prima persona: la meraviglia per la natura, la nostalgia, l’inquietudine, ma anche il desiderio di rinascita. Ho scelto una formazione essenziale — voce e pianoforte — per dare maggior risalto alla melodia e al significato delle parole. In due tracce si aggiunge il sax di Enzo Bacco, che con grande sensibilità ha saputo arricchire la musica senza mai sovraccaricarla. Questo disco non segue un unico stile: ci sono influenze hard bop, jazz contemporaneo, melodie ampie e liriche (a tratti anche aspre), echi di musica popolare argentina. Ma tutto è legato dal mio modo di sentire e raccontare.

Raccontaci adesso la vostra storia: com’è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?
Il progetto è stato ideato da me. Avevo scritto alcuni brani per cui immaginavo l’accompagnamento di un pianoforte che avesse un forte background classico, ma che sapesse spaziare sapientemente nel bebop. Conoscevo Francesco Schepisi solo di nome, ma mi è bastato un breve ascolto per decidere subito di coinvolgerlo nel progetto, perché sapevo che avrebbe saputo valorizzare e dare forma a ciò che avevo in mente nel migliore dei modi.
Enzo, invece, lo conoscevo anche di persona, avendo collaborato con lui in passato, e sapevo che sarebbe stato il sassofonista più adatto e versatile di cui avevo bisogno.

Un disco per un artista può sintetizzare diverse cose: una fotografia del momento, un punto di arrivo o di partenza. Per te cosa rappresenta?

Potrebbe rappresentare entrambe le cose: un punto di arrivo, perché è il coronamento di un progetto frutto di tanti sacrifici e tentativi; ma soprattutto un punto di partenza, perché — in quanto artista — mi sento sempre in evoluzione e aperta a nuovi scenari e sfide.

Se parliamo dei tuoi riferimenti musicali, cosa ti viene in mente? Ci sono artisti, noti o anche meno noti, che per voi sono stati davvero importanti?

Sicuramente Kenny Wheeler, Art Blakey and the Jazz Messengers, Norma Winstone, Fred Hersch, John Coltrane… e tanti altri.

Come vedi il tuo progetto nel futuro? In sintesi, quali potrebbero essere le evoluzioni legate alla tua musica?

Al momento mi sto dedicando alla scrittura di nuovi brani, perché è in programma un disco in quintetto con il chitarrista Dino Plasmati, con cui collaboro da anni. Il progetto vedrà anche la partecipazione di musicisti di fama internazionale… ma per ora non posso dire di più!

Chiudiamo con un ulteriore sguardo al futuro: hai qualche concerto in cantiere o qualche nuova registrazione da portare avanti?

Sì, ho diversi concerti in programma per quest’estate, anche con progetti diversi; per quanto riguarda Inward Songs, colgo l’occasione per invitare i gentili lettori al nostro concerto al Fara Jazz Festival il 13 luglio… Vi aspettiamo!

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